Il Gattamelata è unico. Niente copia né pubblicità

Va bene il restauro, ma le condizioni dell'opera non richiedono la sostituzione con una replica

Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi

Tra i dieci monumenti più importanti d'Italia, ma certamente il primo per valore artistico e tensione espressiva, c'è il Gattamelata nella Piazza del Santo a Padova. Il condottiero, Erasmo, nato a Narni verso il 1370 da un fornaio di nome Pietro detto lo «Strenuo», secondo un suo biografo (Giovanni Eroli) venne soprannominato Gattamelata «per la dolcezza dè suoi modi congiunta a grande furberia, di cui giovossi molto in guerra a uccellare e corre in agguato i mal cauti nemici e pel suo parlare accorto e mite dolce e soave». Secondo altri potrebbe aver derivato tale soprannome dal cognome della madre, Melania Gattelli. Alla morte del Gattamelata, nel 1443, il figlio Giannantonio e la moglie Jacopa della Leonessa commissionarono a Donatello, per 1650 ducati d'oro, il monumento equestre in bronzo, il primo di grandi dimensioni fuso dall'antichità e una delle prime opere scultoree di epoca moderna svincolate da un'integrazione architettonica (come in una nicchia, o nella struttura di un pulpito): l'opera si pone come forma autonoma, in relazione con lo spazio solo con il suo volume, senza altri limiti.

Dopo la caduta dell'Impero Romano, nessuna scultura aveva richiesto mezzi e capacità così impegnativi, soprattutto per le dimensioni. Donatello ristudiò dagli antichi la forma della statua per adattarla alle nuove esigenze. Partì da un'osservazione diretta del cavallo più robusto, usato in battaglia, rispetto ai più snelli dei monumenti antichi. L'animale, per le difficoltà tecniche dovute al peso di una fusione così grande e con tasselli piuttosto spessi, non è rappresentato con una zampa sollevata da terra, come quello di Marco Aurelio e come i cavalli di San Marco a Venezia. La posa del trotto fu perciò ottenuta facendo poggiare lo zoccolo su una palla di cannone, con riferimento alla recente introduzione, sui campi di battaglia, delle armi da fuoco. Il monumento solenne del Gattamelata nacque idealmente come sepolcro: ai lati dell'alto piedistallo di trachite a forma di sarcofago, sono le porte della vita, chiusa, e della morte, dischiusa. Ma il condottiero invincibile, a capo scoperto e vestito di una armatura ornata, resta alla guida delle sue truppe con il bastone di comando. Seduto su una sella contemporanea e con le staffe (assenti nel prototipo romano), propone qualche allusione all'antichità solo negli ornamenti (la testa di Medusa sul pettorale della corazza, i putti musicanti attorno alla cintura, una frangia di piastre metalliche con teste virili sui ginocchietti). Per l'espressione del volto determinato e volitivo del Gattamelata, Donatello si dovette servire di una medaglia del profilo, com'era in uso all'epoca. Rispetto al Marco Aurelio, la figura del Gattamelata appare più saldamente unita all'animale. La scultura fu modellata e fusa in sei anni di sperimentazioni e ricerche tecniche (1447-53), sostenute dalla vedova del condottiero, e in parte forse coperte anche dal Senato veneziano, che deliberò di creare il monumento a Padova, sotto il suo dominio dal 1405.

È ad evidenza un monumento alla vita e al potere, non un monumento funebre. Per le sue volontà testamentarie, il condottiero fu sepolto all'interno della Basilica del Santo, dal 1458. Il monumento si mostra così come la prima opera pubblica puramente celebrativa. Come ogni ben condotta opera in bronzo, il Gattamelata ha resistito per quasi sei secoli, e appare ictu oculi pronto a resistere per altri secoli, se un'onda impropria di preoccupazione sulle sue condizioni e di speculazione per vantaggi pubblicitari con una impalcatura destinata a reggere manifesti e inserzioni, secondo un cattivo costume invalso negli ultimi anni, e addirittura la minaccia di una inutile copia da sostituire all'originale, non avessero determinato un interventismo delle autorità religiose del tutto fuori luogo. Il restauro del Gattamelata e il rispetto delle sue condizioni storiche sono una questione di Stato, che può accettare collaborazioni, ma non imposizioni su una sua prerogativa primaria che è la tutela del patrimonio. Per questo ho ritenuto necessario garantire il destino dell'opera e indicare la responsabilità dello Stato, attraverso le funzioni proprie della Soprintendenza per il bene della città di Padova e del capolavoro di Donatello. Questo non esclude, per ragioni di studio, qualunque contributo e sostegno di Associazioni, Comitati, studiosi che affianchino l'attività della Soprintendenza.

Della statua di Donatello furono fatte varie repliche in diversi formati e materiali. Una replica venne fusa dalla Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli di Firenze negli anni Cinquanta per la città di Montevideo, in Avenida Italia. Un'altra copia in bronzo si trova a Mosca nel Museo Pukin. Una riproduzione in gesso è collocata nella gipsoteca dell'Istituto statale d'arte di Firenze. L'originale resta stabilmente dove è.

Questa la mia lettera al Soprintendente di Padova, Vincenzo Tinè: «Gentile Soprintendente, in merito alla questione delle indagini diagnostiche sul monumento al Gattamelata di Donatello, La invito a prendere provvedimenti per il rispetto delle regole stabilite nel codice dei Beni Culturali, come è stato ben manifestato dalla dottoressa Luisa Calimani, ex-deputata e architetto da sempre attenta alla conservazione del nostro patrimonio artistico, che descrive lo stato attuale del monumento in oggetto. In attesa del restauro, scrive la dottoressa Calimani, il monumento si trova rinchiuso in un involucro che toglie dignità a un luogo anche laicamente sacro, senza che il ponteggio riporti alcuna informazione sui tempi dei lavori né alcuna illustrazione dell'opera d'arte contenuta all'interno. Oltretutto lo scatolone è ricoperto di cartelloni pubblicitari, quasi sacrileghi e sconvenienti per il monumento in un luogo come la Piazza del Santo. Il rilievo della vicenda e l'obbligo della nostra posizione sono richiamati dalla interrogazione parlamentare della deputata Luana Zanella, che sottolinea l'effetto fortemente impattante nel contesto paesaggistico cittadino e in un luogo dove peraltro sarebbe vietata l'affissione di cartelloni pubblicitari, e da numerose testimonianze giunte dai cittadini padovani, che si chiedono che cosa stia succedendo al Gattamelata. Due sono le priorità da affrontare, auspicando una collaborazione tra le parti rispettosa delle prerogative della Soprintendenza in materia di restauro: fissare un cronoprogramma dei lavori e liberare le impalcature da qualsiasi utilizzo commerciale. Non è infatti tollerabile che i cartelloni pubblicitari, proibiti nel centro storico, mortifichino uno dei massimi capolavori della scultura mondiale. Né è pensabile che non siano dichiarati i tempi previsti per i lavori di diagnostica e di restauro, con la prospettiva che il monumento di Donatello possa essere bloccato per anni in un involucro umiliante, e la sua vista impedita ancora a lungo. A questo proposito si segnala l'esempio del restauro, commissionato dal Comune di Firenze, del monumento equestre a Cosimo I, opera del Giambologna, in Piazza della Signoria, smontato nei mesi scorsi: il restauro, attualmente in corso, prevede che il cavallo torni visibile al suo posto entro fine maggio e il cavaliere Cosimo I entro fine giugno. La cura, la trasparenza e la rapidità delle operazioni siano da monito per ogni intervento analogo. Si invitano perciò il Soprintendente, il Delegato Pontificio e il Sindaco a un urgente confronto che ristabilisca i principi della responsabilità diretta della Soprintendenza nel restauro e provveda a tutelare la sacralità della piazza, difendere l'armonia del centro storico e garantire che i lavori di conservazione del maestoso capolavoro di Donatello si servano di ponteggi decorosi e si concludano nei tempi più rapidi possibili.

Aggiungo che ho dato indicazione al Direttore Generale di reperire i fondi per un restauro diretto da parte del Ministero per il monumento, che è uno tra i dieci più rappresentativi del patrimonio artistico internazionale, i cui problemi reali di conservazione non prevedono in alcun modo l'esecuzione di una copia. Il Sottosegretario di Stato On. Prof. Vittorio Sgarbi».

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