Genova e le sentenze della Corte Partigiana

Genova e le sentenze della Corte Partigiana

(...) Da qui, il comunicato esultante del consigliere regionale: «Il sindaco accoglie la richiesta di ricordare tre carabinieri uccisi a Voltri». Eppure Plinio, che giudica un «segnale certamente positivo il fatto che il sindaco condivida l’opportunità di rendere omaggio ai tre eroici carabinieri», grande conoscitore dei poemi classici, già dovrebbe aver capito che l’ammonimento di Laocoonte ai troiani ben potrebbe adattarsi a un più attuale «temo Marta anche quando porta doni». Tantopiù se questi doni nemmeno li porta, la sindaco in questione. Che anzi non fa nulla per nascondere il contenuto del suo cavallo di Troia.
Perché poi, guardando bene la lettera con cui Vincenzi risponde alla sollecitazione di Plinio, non c’è una riga in cui si dica favorevole alla cosa. Ecco il testo integrale: «Gentilissimo consigliere, in riferimento alla nota con cui propone l’apposizione di una targa o di un cippo in via Fabbriche di Fiorino a Voltri, in ricordo dei tre carabinieri lì uccisi da ex partigiani, desidero informarla che abbiamo interessato l’Istituto storico della Resistenza da cui attendiamo informazioni e considerazioni. Posso inoltre anticiparle che stiamo prendendo in considerazione la possibilità di coinvolgere nella questione l’Arma dei carabinieri». Distinti saluti, eccetera eccetera.
Quindi, mentre i carabinieri verranno, nel caso, forse, se opportuno, eventualmente coinvolti, la cosa è già stata data in mano all’Istituzione per eccellenza. E ovviamente, trattandosi di Istituzione con la «I» maiuscolissima, il suo giudizio non potrà neppure essere sindacato, pena l’inevitabile strepitìo contro la scarsa sensibilità democratica e la crisi istituzionale scatenata dai soliti zoticoni di destra. Gianni Plinio, cui va dato merito per l’ennesima battaglia coraggiosa portata avanti e per l’intellettualmente onesto plauso alla lettera della sindaco, rischia di vedersi negare la doverosa targa alla memoria dei carabinieri, non dall’ufficio toponomastica o dal consiglio comunale, ma dalla nuova Corte Costituzionale genovese, di cui forse qualcuno finora non conosceva l’esistenza e le attribuzioni.
Nel Paese in cui non si potrebbe neppure dubitare dell’imparzialità della sentenza di Cogne se il giudice (purché con tesserino da magistrato) fosse Erode, Genova affida il giudizio storico su una banda di partigiani assassini all’Istituto Storico della Resistenza. Che evidentemente ha il diritto-dovere di calpestare una sentenza già emessa e decisamente passata in giudicato come quella del tribunale che in tempi non sospetti condannò gli assassini.

Perché se la sovranità appartiene - forse - al popolo, a Genova la storia appartiene all’Istituto Storico della Resistenza. Ma mi raccomando, non dite ai partigiani che sono dei partigiani. Potrebbe essere una grave offesa all’Istituzione.

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