Ora tutti fanno la faccia contrita. Ora, solo ora, la presidenza del consiglio regionale diffonde un comunicato per far sapere che «anticipando quanto previsto dalla Legge regionale 48/2012, ha deciso di affidare la verifica dei rendiconti dei Gruppi consiliari relativi agli anni 2011 e 2012 al Collegio dei revisori». Non solo: «La verifica richiesta ai revisori avrà come oggetto la coerenza o meno delle spese sostenute da ciascun gruppo consiliare con la disciplina legislativa vigente - aggiunge la nota ufficiale -. Tale verifica dovrà essere conclusa entro 60 giorni e l'ufficio di presidenza ne renderà noti i risultati. Quello stesso ufficio di presidenza, solo pochi mesi fa, negava con tono sprezzante la pubblicità delle stesse spese a chi, come nel caso del Giornale, chiedeva di poter visionare i rendiconti. Quello stesso ufficio di presidenza che ancora mercoledì si trincerava dietro un piccato «non comment» in attesa di «conoscere l'esito delle indagini» e che ieri invece si autoassolveva dicendo che «il meccanismo di controllo c'era, ma era vano perché non permetteva di sindacare sulla discrezionalità dei singoli consiglieri perché la legge era poco chiara. E per questo prima dello scorso Natale è stata approvata una nuova legge».
Eppure sarebbe bastato prendere esempio dal Comune di Genova, ente dal bilancio assai inferiore, con consiglieri pagati sì e non un decimo di quello che vengono pagati gli eletti di via Fieschi. Eppure in grado di mettere in piedi un sistema semplice, a prova di furbetti.
A cominciare dal fatto, ad esempio, che i rimborsi vengono dati a seguito di una verifica della congruità delle spese. In Regione invece ognuno si fa dare i soldi, poi eventualmente qualcuno controllerà (ma anche no) se si tratta di conti compatibili con l'attività politica. A Palazzo Tursi, tra l'altro, ogni consigliere ha un tetto massimo di rimborso che arriva a 80 euro al mese. Ogni richiesta va presentata con tanto di ricevuta giustificativa al capogruppo che la controfirma e poi la inoltra alla segreteria del Comune che valuta se procedere al pagamento.
Soprattutto esiste un elenco chiaro di cosa può essere rimborsato per attività politica. Pranzi al ristorante? No, a parte un'unica eccezione ben specificata. Il consigliere può presentare richiesta se l'incontro conviviale aveva come finalità la «promozione dell'ente». Ma per l'appunto ci deve essere un mandato preciso e una giustificazione chiara. Champagne, cravatte, viaggi, mutandine, terme? Neppure per scherzo. E neppure se fatti passare per regali di Natale di rappresentanza. Gli omaggi li pagano di tasca propria i consiglieri che al massimo possono far stampare biglietti augurali. E possono anche spedirli usando francobolli messi in conto al Comune. Ma lì si devono fermare. Recentemente è stato anche modificato il regolamento per venire incontro alle esigenze degli eletti.
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