(...) Burlando al momento non pensa di fare come altri colleghi governatori che hanno sentito il dovere di lasciare l'incarico perché il consiglio regionale era stato investito dalle inchieste sulle spese pazze dei politici. Le «decisioni che gli competono» sono quelle di riuscire a trovare qualcuno che se la senta di andare a sedere sulla poltrona maledetta, quella del vicepresidente, che in due mesi è saltata due volte. E in entrambi i casi per l'azione della magistratura che ha ipotizzato gravi reati a carico dell'interessato.
Ieri le dimissioni di Scialfa sono arrivate nel primo pomeriggio, a seguito di una decisione personale del vicepresidente, che ha telefonato direttamente a Burlando. Il quale, dal canto suo, non ha fatto altro che accettarle subito, proprio come accaduto nel caso di Marylin Fusco. Un'altra grana che viene così spostata dalla giunta e rispedita alla competenza del consiglio regionale, visto che l'indagato tornerà a sedere nei banchi dell'aula tra i colleghi del gruppo di «Diritti e Libertà». Il problema per Burlando, se non è proprio risolto, è quantomeno temporaneamente disinnescato o comunque allontanato, visto che il governatore ha concluso il messaggio di commento alle dimissioni di Scialfa con una presa di distanza: «Ringrazio Scialfa per il lavoro svolto e per aver anteposto a sé la difesa dell'Ente». Come a dire che ora che lui ha fatto un passo indietro, la Regione non può più essere chiamata in causa.
Il resto del comunicato di Burlando, al quale è affidata tutta la reazione ufficiale, è abbastanza scontato: «Comprendo e apprezzo la scelta di Nicolò Scialfa di lasciare le cariche ricoperte all'interno della giunta regionale, un gesto che si addice ai suoi principi e all'esigenza di difendere nel modo più consono la sua persona - sono le frasi di circostanza - . Questa decisione conferma l'importanza di stabilire al più presto, anche anticipando i tempi dell'indagine, se e quali regole si siano infrante e chi se ne sia reso responsabile, in modo da restituire a chi ha operato in modo corretto e opportuno l'onorabilità che gli spetta». La colpa, insomma, ricada sulle mele marce, e la Regione ne resti fuori. Un discorso che, tanto per fare un paragone, non ha fatto Renata Polverini, governatrice del Lazio, che ha lasciato la poltrona senza nascondersi dietro «l'onorabilità da restituire» a chi non aveva commesso alcunché.
Né Marylin Fusco prima (ma anche adesso), né Nicolò Scialfa oggi sono stati condannati per i reati contestati e quindi anche per loro vale la presunzione di innocenza. Ma se il solo sospetto, o i primi eventuali riscontri delle indagini sono sufficienti a determinare le loro dimissioni, resta pur sempre il fatto che sono stati entrambi scelti da Claudio Burlando come suoi bracci destri «senza alcuna pressione politica da parte dell'Italia dei Valori», per dirla con le frasi sempre ripetute ad ogni circostanza. Eppure l'addio di Scialfa deciso ieri sembra sufficiente a liberare tutti gli altri da qualsiasi peso. Così almeno si augura lo stesso ex vicepresidente, che ha spiegato il gesto come una scelta interiore e personale, non indotta da alcuno.
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