L'eredità di Grillo: «Conta più il Paese»

In Liguria c'è sempre stato «o senatü», senza erre. Non l'Umberto, ma Gigi. Grillo. Era un po' il simbolo della continuità ligure in parlamento, sei legislature, prima con la Dc, poi con Partito Popolare, Forza Italia e Pdl. Ora, dopo 26 anni, non sarà più là, tra Montecitorio e Palazzo Madama. Dal prossimo 24 febbraio «o senatü» sarà Augusto Minzolini, di fatto «capolista» in Liguria dopo Silvio Berlusconi. E vederli tutti e due, Grillo e Minzolini, l'uno accanto all'altro alla presentazione delle liste, fa capire quanto sia sbagliato il luogo comune secondo cui la politica non cambia mai, non si rinnova. È una rivoluzione, invece. Specie per il Pdl. Si salutano, si abbracciano i due. Poi però tracciano il vallo.
Inizia Grillo, che dopo la presentazione di tutti i candidati raccoglie l'invito a prendere il microfono. E parte con una considerazione choc. «Dopo vent'anni per l'Italia il rischio più grave non sono i conti. Per la prima volta dai tempi del governo Amato non è stata più necessaria una manovra correttiva, ora i conti sono a posto - esordisce -. Ora il rischio è l'ingovernabilità. Se l'Italia non avrà un governo tornerà la speculazione. Per questo dico ai candidati che dovranno pensare prima di tutto al Paese, a garantire un governo. Perché quando saranno eletti dovranno sapere che prima viene il Paese, poi il partito». Detto da chi, eletto senatore nel '94 per i Popolari-Patto Segni in alternativa alla sinistra ma anche a Forza Italia, si astenne per consentire la nascita del governo Berlusconi I, sembra quasi un invito a fare altrettanto in caso, se necessario anche in senso contrario. Concetto indecente o frainteso? Meglio chiedere conferma. E Grillo ripete il concetto: «Il Paese viene prima del partito». Sandro Biasotti, accanto a lui, sgrana gli occhi. Augusto Minzolini, il «nuovo senatü», sarebbe chiamato in causa, visto che il rischio ingovernabilità verrebbe proprio da Palazzo Madama. «Non ci penso nemmeno», assicura l'ex direttore del TG1 a precisa domanda su un voto per sostenere un governo Monti o Bersani.
Solco scavato. Che diventa un abisso su un altro passaggio fondamentale. Lo stesso Minzolini cita il caso Monte dei Paschi per far capire che a volte è pericoloso demonizzare la tutta la politica. «Attenzione a distruggerla - mette in guardia -. Serve qualcuno che metta regole precise. E poi, se vogliamo dirla tutta, i soldi buttati nel Monte Paschi sono equivalenti a quelli di 3 milioni di “Batman”-Fiorito». Già, le banche. Lo scandalo nazionale, con il governo Monti che non può certo dirsi all'oscuro? «Ma basta colpevolizzare le banche - è la secca risposta del vecchio “senatü”, Gigi Grillo -.

Capisco che non siano simpatiche, ma c'è uno studio che dimostra come l'Italia abbia dato 4,1 miliardi a sostegno delle proprie banche, gli Stati Uniti oltre mille miliardi, così come il Regno Unito. La signora Merkel sa che la sua Germania ne ha dati 400? Il sistema bancario italiano è sano, per fortuna». Alla faccia della politica sempre uguale.

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