Razionalismo e Begato, una differenza che spiega le parole di Berlusconi

(...) difficilmente mi avrebbero dato il diritto di parlare.
Che le leggi razziali siano state una vergogna assoluta e totale, capace di cancellare tutto il resto, anche quanto di positivo c'era stato, è un fatto. Che l'alleanza con la Germania hitleriana sia stata scellerata e sciagurata è un fatto. Che anche una sola vita di un bimbo deportato nei campi di sterminio, come quello di Terezin, forse il più atroce di tutti, sia più forte di ogni altra considerazione, è un fatto. Ed è un fatto che l'esternazione di Berlusconi, magari, si poteva fare meglio in un convegno storico piuttosto che il giorno della Memoria sul binario 21 della stazione all'inaugurazione del Memoriale della Shoah. Ma è anche un fatto che il comunismo, se possibile, è stato qualcosa di molto peggio dal punto di vista storico e umano, rispetto al peggior fascismo. Eppure, ci sono partiti che si richiamano al comunismo, con falci e martelli come se piovessero nei simboli, e nessuno osa fiatare, soprattutto a Genova. Va tutto bene, nessun problema, nessuna indignazione, nessuna indecenza. Comunismo? Comu, chi?
Eppure, dal punto di vista prettamente storico, le parole di Silvio Berlusconi non facevano una piega. Potrei fare la solita lista, dalle conquiste del Welfare introdotte dal fascismo e della legislazione giuslavoristica - con una particolare attenzione per le classi più disagiate - all'architettura, dalla lotta alla mafia, con il prefetto «di ferro» Mori, dal codice Rocco, che ancor oggi è la base del diritto italiano, alla riforma Gentile della scuola, che è certamente migliore di quella degli ultimi venti ministri della Pubblica Istruzione - centrodestra e centrosinistra - che si sono alternati nel dicastero di viale Trastevere. Dalle bonifiche dell'Agro Pontino, con la creazione di Latina-Littoria, Pontinia, Sabaudia e delle città di fondazione, a quelle in Maremma. E questo, solo per citare le realizzazioni più note, quelle riconosciute da tutta la storiografica, compresa quella di sinistra. Pensate che un quartiere come l'Eur di Roma, realizzato in quegli anni, era già pronto per essere cablato. Settant'anni prima che si conoscesse il significato del verbo cablare.
Tutto questo, ribadisco, a scanso di equivoci o di strumentalizzazioni capziose come quelle di cui sono state oggetto le parole di Berlusconi, non muta di una virgola il mio giudizio sulle leggi razziali. Che infami erano e infami restano. Tutti i giorni, non solo il giorno della Memoria. Però, anche a Genova e in Liguria, le eredità positive del fascismo ci sono e possiamo vederle ancora tutti i giorni: dall'architettura razionalista, che può piacere o non piacere, ma che ha lasciato veri capolavori (mostrati anche in una splendida esposizione organizzata dalla Regione di Plinio e Biasotti e dalla Fondazione di Bozzi Sentieri qualche anno fa), con la vetta assoluta di piazza della Vittoria, con i suoi vuoti e i suoi pieni; le colonie, ad esempio quelle di Savignone o di Rovegno, che permisero le vacanze ai bimbi meno ricchi; la bellissima edilizia popolare, così diversa dai casermoni di stampo socialista-democratico (concetto ben diverso da socialdemocratico) che si vedono sulle nostre alture.
Proprio su questo vorrei soffermarmi. Pensate a Begato o alle Lavatrici, all'idea collettivistica che c'è dietro questa architettura, con tanto di spazi comuni pensati per «far socializzare» le persone. Ovviamente, come tutto ciò che è nato con uno scopo e poi ha raggiunto quello diametralmente opposto, per socializzare occorre l'umanità, non l'imposizione dell'architetto comunista o l'ideologia. Così Begato è diventata Begato e il Cep è diventato il Cep. Invece, basta guardare le case popolari realizzate durante il Ventennio per trovare un altro mondo. Generalmente, si tratta di costruzioni che si affacciano su una corte centrale, magari anche con le aiuole o un giardinetto in mezzo, e i vialetti circostanti. Insomma, l'esatto contrario dei casermoni fatti di cubi di cemento armato. Certo, non ville signorili circondate da giardini lussureggianti, ma nemmeno volevano esserlo.
Però, nel passaggio fra un modello di edilizia popolare e l'altro modello, c'è un passaggio di vita e di approccio alla vita. E sapete chi mi ha aiutato più di tutti a ragionare su tutto questo? Massimiliano Fuksas, grande architetto e storico elettore di Rifondazione comunista, che non ha mai nascosto le sue idee. Insomma, tutt'altro che un «fascista», dichiarato o mascherato.

Eppure, Fuksas - con grande onestà intellettuale - ha ammesso che le case popolari di un tipo sono belle, tanto da andare a vederle quasi per ammirarle, e le altre fanno schifo. Eppure, non per questo, Fuksas è «fascista» e nemmeno «fascista!».
Se è per questo, nemmeno io. Ma, da liberale, la verità storica viene prima della propaganda.

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