Il salto di Grillo manda in tilt i dirigenti del Pd

(...) Non esiste più. A far passare la voglia di ridere all'intero Pd è bastato un comico.
La devastante avanzata di Beppe Grillo in Liguria è stata ancora più impressionante che nel resto dell'Italia. Ma soprattutto ha fatto crollare qualsiasi certezza agli analisti politici, che ora per cercare di mitigare l'ennesima debacle della gioiosa macchina da guerra della sinistra non può che cercare di intorbidire le acque con paranoie sui calcoli delle affluenze in una via del paesino sperduto piuttosto che in un palazzo in città. I discorsi stanno a zero, anzi al 32,11 per cento. Che poi è la percentuale che il Movimento 5 Stelle ha incassato alla Camera in Liguria, a fronte del 27.68 per cento del Pd e del 18.66 per cento del Pdl.
I due partiti che guidano le opposte coalizioni, più che altrove, hanno perso. Le classi dirigenti hanno fallito. Senza se e senza ma. Il Pdl ligure, ad esempio, ha dimezzato i propri voti in città (15.13 per cento rispetto al 32.03 di cinque anni fa) e in regione (18.66 rispetto al 36.74), di fatto vanificando lo straordinario recupero che Silvio Berlusconi ha operato - praticamente da solo - nel resto dell'Italia. E anche questo è un dato incontestabile che dovrà pesare sull'organigramma di un partito in fortissima crisi.
Il Pd vive addirittura uno psicodramma. In Liguria è riuscito a malapena a conquistare il premio di maggioranza al Senato, eppure ottiene quasi il dieci per cento in meno rispetto a quando aveva perso tutto. Cioè rispetto al 2008, quando il risultato aveva fatto gridare alla «Walterloo» di Veltroni. Se si guardano solo i dati di Genova-città il crollo è addirittura superiore al 12 per cento. Cifre pesantissime soprattutto per i nuovi dirigenti del Pd, che elezione dopo elezione hanno incassato solo bottini col segno meno. Alla faccia delle presunte prove di democrazia imposte con primarie sempre meno significative.
Chi rischia la sparizione in Liguria è poi la Lega Nord, che dal 6,5 alla Camera è passata in cinque anni al 2.4. Numeri mai visti per il Carroccio che pure da queste parti non ha mai sfondato, ma è sempre riuscita a portare qualche rappresentante in Parlamento. Oggi, questa ipotesi (o meglio questa speranza), è affidata solo al complicatissimo calcolo dei resti a livello nazionale. Così come solo quella legge elettorale tanto contestata, ha salvato la faccia alla lista Monti, protagonista di una debacle inimmaginabile alla vigilia. Con appena il 9 per cento dei voti, i seguaci del professore ottengono una figuraccia in Liguria, eppure portano a casa un senatore, tanto quanto i grillini che hanno preso più del triplo dei consensi.
Ma questo voto cancella dalla scena politica anche un'intera generazione di partitini che finora erano riusciti a galleggiare aggrappati a un simbolo. L'Udc, ad esempio, in Liguria è ridotta all'1,2 per cento, poco più di 10mila voti raccolti in un'intera regione, cifre che tolgono ai rappresentanti dello scudocrociato sia la presunzione di contare qualcosa, sia la speranza di avere qualche rappresentante a livello romano. La stessa fine di Fini trova in Liguria proporzioni se possibile ancora più pesanti che altrove.
Lo tsunami di Grillo cambia quindi anche gli equilibri delle amministrazioni locali, rendendo però se possibile ancora più forti i leader. In Regione e Comune, ora più che mai, Claudio Burlando e Marco Doria non dovrebbero più rischiare ricatti e tentativi di fughe dalle rispettive maggioranze. Ma persino dai banchi dell'opposizione verranno azzerate i già rarissimi accenni di spallate. La paura di andare tutti a casa, alla luce di questo voto, potrebbe spingere i consiglieri a preferire una politica di piccolo cabotaggio per raggiungere almeno la fine della legislatura.
Al di là dei grillini, oggi in Liguria sembrano insomma poter festeggiare solo gli eletti: i neo senatori Donatella Albano, Roberta Pinotti, Massimo Caleo e Paolo Guerrieri (Pd), Carla Nattero (Sel), Augusto Minzolini (Pdl), Cristina De Pietro (Movimento 5 Stelle) e Maurizio Rossi (Monti).

E i neo deputati Andrea Orlando, Anna Giacobbe, Mario Tullo, Lorenzo Basso, Raffaella Mariani, Marco Meloni, Mara Carocci e Luca Pastorino (Pd), Stefano Quaranta (Sel), Matteo Mantero e Augusto Perseo (Grillo) Sandro Biasotti e Giorgio Lainati (Pdl), Roberta Oliaro (Monti). Gli altri due seggi assegnati alla Liguria dovrebbero essere spartiti, con il calcolo dei resti, tra Sonia Viale (Lega), Franco Fazio (Pd), Giovanni Paladini (Centro Democratico) ed Eugenio Minasso (Pdl).

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