La sfida a Fini: «E ora che fai, ci cacci?»

(...) E ora aspettano la voce del padrone: appunto, che fai Fini, li cacci?
Il coordinatore provinciale Giuseppe Murolo passa tra le mani la lista dei candidati alla Camera per la Liguria e scuote la testa: «Passi per Fini capolista, ma perché già al secondo posto c'è Angelo Pollina, toscano? Neppure un big, manco un deputato - mugugna -. Scelte fatte da chi ha rotto con Berlusconi in nome della meritocrazia, dell'etica, del rinnovamento della politica. Ma almeno Berlusconi poi ha il fiuto per trovare la giusta soluzione politica. Fini neanche questo. Per dirla tutta, non si può criticare l'imposizione della Minetti nel listino e poi fare altrettanto. A livello di metodo è esattamente la stessa cosa». Il Fli in Liguria sa benissimo di non raccogliere neppure i voti necessari per eleggere un deputato. E i dirigenti genovesi sottolineano proprio questo particolare, per dimostrare che non è questione di poltrone. «Neppure al terzo, quarto, quinto posto è stato indicato un genovese - incalza il coordinatore cittadino Elio Risso -. Per trovarne uno dobbiamo scendere al decimo posto della lista. Ed è un nome che non è neppure stato indicato dal direttivo».
Gli ammutinati del Gianfry peraltro sono quelli che erano rimasti fedeli a Fini quando, pochi mesi fa, un'altra bella fetta di attivisti se n'era andata lanciando più o meno le stesse accuse di verticismo e di assenza di democrazia. «Conosco Fini da 30 anni, non gli ho mai chiesto nulla - riprende Murolo -. Tutti insieme lo abbiamo seguito quando ha sciolto An, quando ha lasciato il Pdl ponendo la questione della gestione padronale del partito, lo abbiamo seguito ancora turandoci il naso, ma ora ci vediamo per l'ennesima volta offesi nel nostro impegno». È il concetto che sottolinea anche il vice coordinatore provinciale Massimo Benoit Torsegno: «Non è una questione personale, non ce l'abbiamo con chi è stato candidato, ma di metodo. Genova è stata emarginata. In queste condizioni è impossibile anche andare a fare attività politica per cercare voti».
Dopo la prima frattura, arriva la seconda. Ormai Fli a Genova è una scatola vuota. Solo la sede di via Carducci è piena. «Perché questa sede ce la paghiamo noi, con i nostri soldi che tutti insieme tiriamo fuori ogni mese. Non ce la facciamo regalare da qualche imprenditore discusso - interviene Alessandro Venzano, responsabile del Welfare -. Ci siamo dati un motto: “Umanamente intrisi d'etica, eticamente intrisi di umanità”. Per questo ci sentiamo ancora più offesi». Il primo riferimento è preciso all'indirizzo del coordinatore regionale Enrico Nan, considerato colpevole al pari di Fini e dell'apparato di questa militarizzazione del partito, e già criticato per l'uso di una sede poco «trasparente».
Sembra quasi una maledizione, ma ogni volta che si parla di immobili, tra i finiani finisce male. L'altro esempio di «democrazia» interna arriva dalla rete, con il caso di un presidente di circolo escluso dalla pagina ufficiale facebook del partito ligure. «È andata proprio così - conferma Doriana Eneide, leader del circolo “Indro Montanelli” -. Ho risposto a un commento del gestore della pagina facebook che scriveva da Cannes, chiedendogli se avesse avuto una casa lì. Mi ha risposto che “quella di Montecarlo è già occupata” e mi ha tolto l'accesso al sito». Così vengono trattati i finiani non allineati. Che tuttavia sperano ancora in una svolta dopo le elezioni.

«Ci mettiamo passione, non vogliamo perdere anche quella», chiosa Antonino Ingrosso, sempre pronto a buttarsi in qualsiasi battaglia nel più piccolo quartiere. Sarebbe pronto persino a perdonare quest'ultimo tradimento, Francesco Massa, vice coordinatore genovese. Aspettano ancora un'apertura. Lasciano la parola al capo. Che fai, Fini, li cacci?

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