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Si dimette dirigente Pd: «Piazzale Loreto era uno sfogo ironico»

Ma la stroncatura di Munì è arrivata da altri «semplici» esponenti e amici che pure condividono la sua stessa idea politica. Alfonso Di Lieto è secco: «Non condivido il tuo pensiero. Partito democratico!». Giorgio Massa è più preciso: «Questo tuo ultimo post NON lo condivido, a prescindere dal significato politico, il quale, ovviamente resta offuscato dalla crudezza dell'affermazione. Il livore e la rabbia non debbono appartenere all'attività politica...».
Munì ha provato subito a fare marcia indietro, dicendo di aver dimenticato «di inserire almeno una faccetta sorridente per sottolineare la voluta forzatura». Parole che confermano come lo stesso esponente «democratico» non conosca bene la storia e neppure la storia politica cui dice di ispirarsi. Abituato ad abusare di espressioni quali «macelleria messicana» senza neppure sapere a cosa si riferiscano, ha finito per vedersi colpire dal boomerang delle sue stesse parole. E il professor Pier Franco Quaglieni, del Centro Pannunzio, su facebook gli ha offerto un po' di ripetizioni gratuite: «Chi si augura a Milano un nuovo piazzale Loreto per i piedellini è persona indegna. Anche solo evocare quell'episodio di "bassa macelleria sudamericana", per usare le parole di Ferruccio Parri, significa barbarie, elogio della violenza brutale,un passato che speravo chiuso per sempre». Parri, primo presidente del consiglio dell'Italia liberata e comandante partigiano, è tra l'altro sepolto al cimitero di Staglieno. Tutt'altro che un gerarca fascista, insomma. La vergogna consumata a piazzale Loreto continua però a non essere considerata tale e forse anzi un esempio da seguire, visto che al momento sono caduti nel vuoto gli inviti agli esponenti del Pd «ufficiale» a prendere formalmente le distanze da Munì. Eraldo Ciangherotti, assessore Pdl di Albenga, aveva subito chiesto anche una presa di posizione chiara da parte del mentore di Munì, per l'appunto il neo deputato Vazio. Così come aveva chiesto persino all'Anpi (l'associazione partigiani) di intervenire su frasi tanto gravi.
Nulla di tutto ciò è accaduto. E almeno lo stesso Munì ha sentito il dovere di «fare un passo indietro», di riconoscere l'errore. E pazienza se lo ha fatto soprattutto per non scomodare e non mettere in imbarazzo il suo Pd che evidentemente ha continuato a non volersi dissociare da certe frasi. «Prendo atto delle discussioni sul mio post - è il comunicato di Munì -. Do le dimissioni irrevocabili dalla segreteria del Pd di Albenga, chiedo scusa a chi si è sentito toccato dalle mie parole e al mio partito strumentalmente chiamato in causa. Ora un passo indietro, poi ci sarà il tempo di far comprendere che il mio non era un suggerimento, ma un infelice sfogo ironico». Un atto che gli assessori Pdl di Albenga ritengono di scarso significato, ma comunque degno di rispetto. Semmai resta difficile far comprendere l'incomprensibile.

E soprattutto far comprendere cosa ci sia di addirittura «strumentale» nel chiedere che il Pd (e in particolare quella corrente sedicente moderata renziana) sprechi due righe di comunicato per dire di pensarla diversamente.

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