Giallo a Kabul Il governo: tregua coi ribelli Ma loro negano

La linea ufficiale di mullah Omar è il boicottaggio del voto, con le minacce di decapitazione a chi si candida.
La realtà sul terreno, invece, è diversa. In alcune aree, come Badghis, alcuni gruppi di insorti garantiscono un tacito consenso al processo elettorale. L’obiettivo è dire la loro sulle presidenziali, ma soprattutto far votare candidati «amici» nei consigli provinciali.
La zona del cessate il fuoco si troverebbe proprio attorno al fortino di Bala Murghab, tenuto dalla Folgore. Da fine maggio i parà hanno combattuto duramente per espandere il controllo sul territorio. Ci sarebbero voluti una ventina di giorni per mediare tramite gli anziani dei villaggi locali l’accordo valido per tre distretti. «Il primo del genere, che potrà venire replicato in altre zone del Paese», giurano da Kabul. Però il ministero degli Interni ha fatto subito sapere che nelle ultime ore alcuni poliziotti sono finiti in un’imboscata.

Il generale Marco Bertolini, capo di Stato maggiore della missione Nato in Afghanistan, ha chiarito che «non si tratta né di un cessate il fuoco, né di un compromesso». La situazione a Badghis è il frutto di una «prova di forza dell'esercito afghano, attuata con il supporto delle unità italiane» che ha determinato il «ritiro degli insorti».
Fausto Biloslavo

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica