nostro inviato a Brunico
Caro diario, il campionato mondiale di fatica è al grande finale. Da quest’oggi, con la cronoscalata più eccentrica e spettacolare che si possa inventare, lungo lo sterrato che porta a Plan de Corones, parte l’assalto decisivo: il campione ritrovato, sospinto da tutta Italia, prova a rimettersi la maglia rosa strappata nel peggiore dei modi quattro anni fa. Il nuovo Basso, punito e pulito dalla famosa squalifica, ricomincia da capo. Da dov’eravamo rimasti, nel 2006.
Già ha cominciato nell’ultimo week-end, prima assecondando ad Asolo il giovane fuoriclasse suo compagno, Vincenzo Nibali, quindi con la prodigiosa impresa della Zoncolan. Ma molto terreno va recuperato.
La rimonta è lunga e dolorosa, dopo la colossale dormita dell’Aquila. È una missione impossibile - in Abruzzo, Basso stava a 12 minuti dal rosa -, una missione impossibile che va resa possibile. Da questo punto di vista, l’autogol dell’Aquila sta spargendo ulteriore pepe in un Giro già pepatissimo. Ma tutto è così maledettamente complicato: dopo la cronoscalata, che non lo avvantaggia, il campione ritrovato avrà a disposizione tanta salita, soprattutto Gavia e Mortirolo, per completare l’operazione sorpasso. Ma attenzione: oltre ad Arroyo, il signor nessuno che si ritrova miracolosamente a poter vincere il Giro, bisogna guardarsi anche le spalle, perché sono in arrivo altri bolidi, soprattutto Evans, l’australiano campione del mondo con una gran voglia di cambiarsi la maglia. Da qualunque parte lo si guardi, è comunque un Giro che piace, capace nuovamente di grandi cose e grandi numeri: la cavalcata di Basso sullo Zoncolan segna un 32 per cento di share in tivù, per Raitre una percentuale da capogiro. Basso fa boom.
Seduto in un bell’alberghetto di Rasun, un bellissimo paesello della bellissima valle d’Anterselva, l’uomo-boom parla diffusamente e serenamente di questa sua seconda vita. Là in alto, fuori dalla finestra, la cima innevata del Plan de Corones, come un pandoro con lo zucchero a velo. «Non è esattamente disegnata per me - spiega parlando della cronoscalata - perché io faccio la differenza sullo Zoncolan dopo 5 ore di corsa e 220 chilometri, mentre qui è uno sforzo violento di 40 minuti. Altri sono più adatti. Ma devo anche dire che la vittoria di domenica mi dà sicurezza ed entusiasmo: farò qualsiasi cosa, da qui a domenica, per vincere il Giro».
Caro diario, appuntiamo altre cose in ordine sparso, degne però di un diario che non vuole dimenticare nulla. L’ebbrezza da trionfo? «Stamattina, al risveglio, non ho pensato allo Zoncolan. Il primo pensiero era la cronoscalata. Sono tornato quello che ero ieri mattina, non ieri sera. Emozioni e sentimenti arriveranno solo lunedì prossimo…». Il nuovo ruolo? «Non datemi del favorito: a me non ha mai portato bene essere il favorito». L’avversario? «Non è escluso che lo stesso Arroyo, un regolarista, possa difendere il rosa. Ma credo che sia Evans il cliente più brutto: è un duro, non cede mai, lotterà fino all’ultimo chilometro. Cosa posso dire: perdere dal campione del mondo non sarebbe comunque un dramma». La grande rimonta? «Dopo l’Aquila, non possiamo che correre così, sempre all’attacco. Noto però che alla gente piace vedermi così, e che correre così porta risultati». Gli errori? «In tre settimane di un grande giro se ne fanno sempre. Lo so anch’io che all’Aquila… Lo so che non avremmo dovuto. Ma dirlo adesso è come giocare la schedina di lunedì…».
Caro diario, sin qui le parole.
Adesso si torna ai fatti. Il thriller d’alta quota sta per cominciare. Un filmone come questo merita un grande finale. E soprattutto una grande star a prendersi l’oscar. Nulla di personale, ma questa star non può chiamarsi Arroyo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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