Il giudice sull'ex assessore: "Va processato per omicidio"

Niente sentenza per Adriatici, ma trasmissione degli atti alla Procura per riqualificare il reato con l'accusa più grave

Il giudice sull'ex assessore: "Va processato per omicidio"
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Omicidio volontario e non legittima difesa (con eccesso colposo). Era attesa ieri la sentenza, di condanna o assoluzione, per Adriano Adriatici e invece il giudice di Pavia Valentina Nevoso ha rinviato gli atti alla Procura per la riqualificazione del reato. Il giudice chiede appunto che l'ex assessore leghista di Voghera sia processato con l'accusa di omicidio.

Adriatici, ex responsabile della Sicurezza della sua città, la sera del 20 luglio 2021 ha sparato uccidendolo a Youns El Boussettaoui, un senzatetto marocchino di 39 anni. I due avevano avuto una colluttazione in piazza Meardi a Voghera. L'allora assessore era armato e nel cadere a terra aveva esploso un colpo. Il giudice ha trasmesso gli atti alla Procura, ritenendo che l'imputato debba essere giudicato per omicidio volontario. Non sarebbe quindi corretta l'imputazione di eccesso colposo di legittima difesa, sostenuta fin qui dal pm Roberto Valli e per cui l'accusa aveva chiesto una condanna a tre anni e mezzo di carcere. I legali del politico, gli avvocati Gabriele Pipicelli e Luca Gastini, avevano chiesto l'assoluzione. Dopo la lettura del dispositivo i genitori, i fratelli e le sorelle della vittima si sono abbracciati in lacrime e anche con gli avvocati di parte civile, Debora Piazza e Marco Romagnoli. Adriatici verrà giudicato dalla corte d'Assise, cui spettano i processo per omicidio, e non più dal giudice monocratico.

Ci sono, ha detto il giudice in aula leggendo una lunga ordinanza, «gravi, precisi e concordanti indizi di omicidio a carico di Adriatici, quantomeno col dolo eventuale». È stato poi sottolineato più volte che l'ex assessore «ha accettato l'evento nefasto», cioè che il 39enne potesse morire. «Non si può parlare di legittima difesa - scrive ancora - perché fu lui a creare ed accettare una situazione di pericolo». Quella sera Adriatici ha agito da «privato cittadino», anche se data la sua lunga esperienza di poliziotto, avrebbe dovuto immaginare che si sarebbe messo in una condizione di pericolo.

Erano stati i legali della famiglia della vittima a chiedere l'imputazione di omicidio. La camera di consiglio è durata meno di due ore. Per Adriatici quella sera «non sussisteva - valuta ancora il giudice - un imminente pericolo di vita». Non solo. L'imputato «pur avendo dichiarato di aver percepito la pericolosità della situazione, ha scelto deliberatamente di non allontanarsi dal luogo dei fatti. Egli avrebbe potuto fuggire». E «in qualità di ex appartenente alle forze di polizia, con esperienza operativa pluriennale e pluridecorata, possedeva strumenti di valutazione certamente maggiori rispetto a quelli del comune uomo medio, non solo della personalità del proprio interlocutore (descritto come altamente pericoloso) ma anche degli indici di un eventuale previa assunzione di stupefacenti e delle reazioni che questi avrebbe potuto prevedibilmente attuare».

In questa situazione «non si vede quindi come il prevenuto abbia potuto decidere di

mostrare all'El Boussettaoui un'arma che sapeva essere carica e senza sicura, se non» mettendo in conto il rischio di nuocergli. Per l'avvocato Pipicelli, nell'ordinanza del giudice c'è «un totale travisamento dei fatti».

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