Nella drammatica trattativa col governo americano, il sindacato e i creditori, General Motors mette sul tavolo le ultime carte. Il futuro del gigante di Detroit dipende dal piano di ristrutturazione, inviato in alcuni documenti alla Sec, lautorità di controllo della Borsa americana, che alla scadenza di fine mese sarà esaminato dallamministrazione Obama. Oltre allapprovazione del dipartimento del Tesoro, dovrà avere il placet di almeno il 90 per cento dei creditori. In caso contrario, il fallimento sarà inevitabile.
Il piano di rilancio prevede lemissione di 60 miliardi di nuove azioni per rimborsare il debito, con Washington che diventerebbe lazionista di maggioranza, proprietario della metà delle quote della nuova Gm, mentre, come già annunciato nei giorni scorsi, il sindacato dellUnited Auto Workers (Uaw) deterrebbe il 39%, il 10% andrebbe ai creditori e soltanto l1% allattuale azionariato.
«Mentre le valutazioni del Tesoro proseguono - ha detto lamministratore delegato di Gm, Fritz Henderson - noi andiamo avanti». Anche con la richiesta di ulteriori finanziamenti pubblici necessari per portare a termine la ristrutturazione, che salgono a 27 miliardi di dollari, 4,5 in più di quanto previsto e annunciato a febbraio dalla casa americana. Che ora conta di ottenere dal governo altri 2,6 miliardi entro il primo giugno, portando così a 18 miliardi il debito già contratto nei confronti del Tesoro degli Stati Uniti.
Una volta emessi i nuovi titoli, con il valore unitario delle azioni che a seguito delloperazione potrebbe scendere a poco più di un cent, Gm si impegnerebbe a una conversione uno-a-cento, così da riportarle a un valore nominale prossimo a quello pre-emissione. In cambio delle azioni della nuova società, ai tre gruppi di creditori si chiede di cancellare un debito complessivo che supera i 43 miliardi.
Peraltro, in caso di ricorso allamministrazione controllata (più esattamente il «Chapter 11»), i titoli diventerebbero carta straccia. Con gli obbligazionisti in rivolta, che vantano crediti per 27 miliardi e che hanno rilanciato chiedendo il 58% della nuova società, le trattative restano difficili anche con il potente sindacato Uaw. Che ha invitato con una lettera il Congresso opporsi al piano di Gm di chiudere 16 impianti produttivi negli Stati Uniti, proprio mentre la società sta premendo lacceleratore sulle esportazioni verso Messico, Corea, Cina e Giappone: una mossa che equivarrebbe alla perdita del posto per 21mila addetti, quasi un terzo della forza lavoro del gruppo di Detroit.
Allordine del giorno dei colloqui con lUaw che riprendono oggi, anche i tagli previsti al fondo Veba per lassistenza sanitaria dei lavoratori in pensione e il tentativo del sindacato di ottenere un accordo sul bonus di disoccupazione, in aggiunta ai 10 miliardi cash e al 39% delle azioni della nuova Gm offerti in cambio dei 20 miliardi che la società deve al fondo. Il modello al quale guardano i rappresentanti dellUaw è lintesa già raggiunta con Chrysler, «che in alcuni punti - ha sottolineato Henderson - può essere decisamente daiuto». Unintesa che ha visto accettare una sostanziale sforbiciata ai sussidi per gli occupati negli stabilimenti inattivi, e il dimezzamento del debito nei confronti del fondo Veba con la garanzia della cessione a questultimo di una quota pari al 55% della Chrysler ristrutturata.
Secondo gli analisti, Gm avrebbe chiuso i primi tre mesi dellanno con 6,9 miliardi di dollari di perdite. Si tratta di stime (sarebbe lottavo trimestre in rosso consecutivo) ma che evidenziano le difficoltà del gruppo che, con 82 miliardi di perdite a bilancio dal 2004, giudica indispensabile una riduzione del debito di 44 miliardi per tornare al profitto nel 2010.
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