Chiamatela riforma Falcone

Questa riforma della giustizia deve avere un nome adeguato alla sua importanza storica

Chiamatela riforma Falcone
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Tra pochi giorni arriverà in Parlamento la legge per la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti (i pm) e giudicanti (i giudici). È un passo fondamentale verso una riforma sostanziale del sistema giudiziario, qualcuno sostiene addirittura che si tratti di un passo epocale senza il quale qualsiasi altro aggiustamento non produrrebbe gli effetti sperati. Magistrati e sinistra, ben sapendo ciò, sono sulle barricate e annunciano segnali di guerra. Mi permetto di dare un consiglio non richiesto al ministro Nordio. Questa riforma deve avere un nome adeguato alla sua importanza storica, che non può essere banalmente e burocraticamente «riforma per la separazione delle carriere». No, questa riforma ha un padre ben preciso, un uomo di sinistra che non nascose le sue simpatie per Enrico Berlinguer e per quel Partito Comunista e che per primo parlò apertamente della necessità di separare le carriere di pm e giudici. Il suo nome è Giovanni Falcone. Se fosse possibile, il testo della «Riforma Falcone» dovrebbe avere come prologo le parole che proprio lo stesso Giovanni Falcone consegnò al giornalista Mario Pirani, che le pubblicò su La Repubblica del 13 ottobre 1991. «Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri.

Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell'indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell'azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell'esecutivo». Se la sinistra giudiziaria e politica se la sente di tradire Falcone anche da morto - dopo averlo fatto da vivo - si accomodi, ma poi basta con la retorica della lotta alla mafia e della sacralità dei suoi eroi.

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