Da Mastella alla Santanchè: quando la giustizia è una mannaia

Le cronache politiche sono piene di casi in cui i ministri, indagati, si sono dovuti dimettere. Per poi venire assolti

Da Mastella alla Santanchè: quando la giustizia è una mannaia
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Il solito dibattito de "dimissioni sì o dimissioni no", che ciclicamente si scatena a ogni avviso di garanzia a un ministro, appare del tutto inconsistente visti i polveroni con i quali si sono concluse numerose inchieste della magistratura. Adesso tocca a Daniela Santanchè e ad Andrea Delmastro essere sollecitati dalle opposizioni a compiere un passo indietro. Tuttavia l'elenco degli esponenti di governo che sono stati costretti a lasciare il proprio incarico a causa di scandali giudiziari, rivelatisi poi delle incredibili bolle di sapone, è sterminato. E riguardano esecutivi sia di centrodestra sia di centrosinistra.

Nel 2006 Francesco Storace si dimise da ministro della Salute nel governo Berlusconi per il cosiddetto "Laziogate". Condannato in primo grado a un anno e sei mesi, venne assolto in Appello "perché il fatto non sussiste". Da titolare del dicastero della Giustizia, Clemente Mastella annunciò nel gennaio 2008 di lasciare il governo Prodi (che cadde pochi giorni dopo) per essere stato accusato dalla procura di Santa Maria Capua Vetere di presunti illeciti nelle nomine alle Asl. Risultato: assoluzione per lui e per la moglie, la quale nel frattempo era anche finita anche ai domiciliari. Una vasta eco mediatica coinvolse anche Claudio Scajola: nel 2010 era ministro dello Sviluppo economico con Silvio Berlusconi premier e dovette abbandonare il proprio incarico per la vicenda della casa davanti al Colosseo: l'inchiesta aperta per finanziamento illecito finì nel nulla. Sono poi i governi Letta e Renzi ad affrontare le fuoriuscite dei membri dell'esecutivo. Durante il primo, l'ex segretario del Partito Democratico ebbe parecchi grattacapi. Dal Cdm uscirono prima Josefa Idem e poi Nunzia De Girolamo.

La campionessa di canoa venne investita da voci su presunte evasioni di Ici e Imu a seguito di un accertamento disposto dal Comune di Ravenna: addio al ministero dello Sport nonostante non fosse ancora indagata. Coinvolta nello scandalo che aveva interessato l'Asl di Benevento, poco dopo si dimetterà anche la De Girolamo (poi assolta) come responsabile delle Politiche agricole. Matteo Renzi si insediò a Palazzo Chigi al posto di Letta e il suo ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, venne preso d'assalto dai processi mediatici per l'inchiesta "Grandi opere" che vedeva coinvolte alcune persone a lui vicine. Per i giustizialisti a tempo pieno non c'erano alternative: pur non essendo nemmeno indagato, l'attuale leader di Noi con l'Italia si dimise. La pubblicazione nel 2016 di intercettazioni penalmente irrilevanti portò anche ai saluti di Federica Guidi - mai sfiorata da un avviso di garanzia - dallo Sviluppo economico.

Anche il Conte 1 ebbe i suoi problemi politico-giudiziari. Edoardo Rixi venne nominato viceministro ai Trasporti: il Movimento 5 Stelle non si oppose all'ingresso nel governo di una persona rinviata a giudizio per peculato ma, ignorando il principio di presunzione d'innocenza, si scagliò lo stesso contro il leghista quando, nel maggio 2019, fu condannato in primo grado. Rixi, comunque, si dimise seduta stante. Quel caso giudiziario terminò (naturalmente) con un'assoluzione in Appello, confermata dalla Cassazione.

Ma se dai grillini - a proposito di garantismo - non c'è nulla di cui meravigliarsi, il Pd dovrebbe invece ricordarsi di quello che capitò ai suoi Vasco Errani e Simone Uggetti: furono scagionati anni dopo dai reati a loro addebitati, ma entrambi persero il posto da governatore emiliano e da sindaco di Lodi per i quali i loro cittadini li avevano regolarmente legittimati.

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