Insegnare significa educare, cioè tirare fuori ciò che sta dentro, nascosto. La decisione del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara di costituirsi parte civile nei processi penali a carico dei responsabili dei danneggiamenti del licei romani Gullace e Virgilio e toscani (il Pacinotti e il Da Vinci di Pisa) dei giorni scorsi, senza dimenticare la devastazione del liceo Severi a Milano, ancora senza responsabili, è un messaggio educativo. Occupare e rovinare una scuola non è una libera manifestazione del pensiero ma un atto di violenza che prevarica anche il diritto allo studio della maggioranza silenziosa di studenti a cui tocca l'onore di ritrovarsi senza lezioni. «I teppisti, non più i cittadini, devono pagare per rimetterla in sesto», ribadisce il ministro su X.
I presidi chiedono persino che i ragazzi risarciscano le giornate di lavoro pagate agli insegnanti senza prestazione e che rispondano non solo dei danni patrimoniali ma anche reputazionali, perché così si compromette l'immagine della scuola e delle istituzioni.
Eccolo, il messaggio educativo. La scuola avrebbe bisogno di molte più risorse, gli insegnanti italiani sono bravissimi ma sottopagati, le strutture pagano anni di incuria e di pochissimi investimenti.
Non basta «la teoria delle finestre rotte» per giustificare la tendenza dei ragazzi a disprezzare gli istituti, lavorare a riparare le mura della scuola nella quale passano più tempo che a casa potrebbe anzi servire a rafforzarne il legame, a tirar fuori il senso della partecipazione alla costruzione del bene pubblico. Sarebbe una meritoria lezione di educazione civica, nella speranza che i soliti genitori buonisti e perdonisti non si mettano di traverso.
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