Roma - Ecco dunque il piano B, anzi G come Giorgia: viste le difficoltà a portare a casa il premierato, perché allora non provare ad ottenere lo stesso risultato cambiando la legge elettorale? Sondaggi, proposte, contatti informali, un vertice mercoledì scorso a Palazzo Chigi. E un’idea: se lo scopo è assicurare più governabilità, ragionano dalle parti di Meloni, forse basta modificare il sistema di voto, senza imbarcarsi in una complicata riscrittura della Costituzione, in un conflitto con il Quirinale sui poteri del capo dello Stato e in un referendum dagli esisti incerti. La soluzione - e qui il discorso si fa noioso e tecnico oltre che politico - sarebbe un nuovo Porcellum, aggiornato, con premio di maggioranza, con capilista bloccati e preferenze, seguendo gli indirizzi forniti dalla Consulta. Ma gli alleati saranno d’accordo?
E poi, come si intreccia questa riforma con il terzo mandato dei presidenti delle Regioni, l’altra grande questione sulle regole del gioco, l’altra faglia che si è aperta nel centrodestra? Luca Zaia infatti non sembra avere nessuna voglia di fermarsi. In 48 ore la raccolta di firme organizzata dalla Liga Veneta per cancellare il vincolo di due incarichi ha già superato le 12 mila adesioni. “Il limite di due mandati è un retaggio storico da superare - dice il governatore - Non sto portando avanti battaglie personali, non ho promosso io questa iniziativa. Ringrazio per l’attestazione di stima, è una vera chiamata di popolo”. Se non riuscirà a candidarsi, il popolarissimo Zaia potrebbe comunque condizionare la scena con una lista a suo nome, ipotesi che Matteo Salvini cavalca e che Fratelli d’Italia, nelle stime primo partito nel Veneto, considera provocatoria.
Tutto ciò rischia di complicare il Piano G, che rimane prudentemente sotto traccia. Eppure già durante la conferenza stampa di inizio anno la premier aveva avvertito del bisogno di “ragionare sulla legge elettorale”. Dopo qualche contatto con gli altri partner, la riunione della settimana scorsa è servita a creare un gruppo di lavoro, a cui partecipa il ministro delle Riforme Elisabetta Casellati, per trovare il modo di uscire dall’attuale Rosatellum. Sotto osservazione, sempre per restare nel gergo costituzionale, il Tatarellum e ancora di più il Porcellum “corretto”. Turno unico e premio di maggioranza, che consegnerebbe alla Meloni il vantaggio politico di poter minacciare dimissioni anticipate e di far tornare il Paese alle urne. Avrebbe cioè, sostengono gli esperti, “le chiavi della legislatura”.
Il sistema dovrebbe prevedere proporzionale, capilista bloccati e preferenze per gli altri. Non è un caso se l’altro giorno Dario Franceschini, uno che sa fiutare l’aria, ha invitato la sua parte a lavorare per una coalizione capace di “valorizzare la parte proporzionale” e assorbire tutti, compresi Calenda e Renzi.
Servirà molta diplomazia pure per convincere gli alleati. Dice ad esempio Antonio Tajani: “Io sono favorevole alle preferenze, però restando nell’ambito di coalizione. Noi non vogliamo abbandonare il bipolarismo, siamo come Ulisse e non ascoltiamo sirene”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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