La riforma che limita i pm su abusi e manette facili

Oggi in Consiglio dei ministri il pacchetto di misure: verso una revisione anche del «traffico d’influenze». Stop alle intercettazioni sui giornali, meno clamore sulle indagini e più giudici nella valutazione della custodia cautelare

La riforma che limita i pm su abusi e manette facili
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Una riforma in nome della presunzione d'innocenza che sarebbe piaciuta a Silvio Berlusconi. A metà mattinata iniziano a circolare le prime bozze del disegno di legge che dovrebbe restituire al sistema giudiziario italiano le garanzie calpestate in trent'anni di corti circuiti mediatico-giudiziari dal sapore politico. Via l'abuso d'ufficio, revisione del traffico d'influenze, stretta sulle pubblicazioni delle intercettazioni, limiti all'appello dei pm in caso di assoluzione ma solo per reati gravi, un collegio di giudici a decidere sulla custodia cautelare in carcere. Sono questi i capisaldi della riforma della giustizia preparata dai tecnici del Guardasigilli Carlo Nordio in attesa dell'ok dal Consiglio dei ministri previsto per oggi. Ci sono tutti i punti che Forza Italia invocava, tanto che i primi commenti a caldo dei parlamentari azzurri appena prima del funerale del Cavaliere sono di cauta soddisfazione: «È un ottimo punto di partenza, sia sulle intercettazioni sia sulla ridefinizione del reato di traffico d'influenze», dice Pierantonio Zanettin prima di entrare in Duomo. «È una riforma che riflette esattamente quella fortemente voluta dal compianto presidente Silvio Berlusconi - sottolinea l'altro azzurro Pietro Pittalis - Siamo soddisfatti perché il ministro ha mantenuto la parola. Noi faremo la nostra parte in Parlamento perché la riforma sia esitata in tempi rapidissimi». «Voglio dedicare la riforma a lui, è un passo importante verso un processo davvero giusto, sottolinea a RaiNews24 il vice ministro Fi alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. L'iter dovrebbe partire alla Camera. Azione-Iv ha già detto di essere pronta a sostenere la misura: «Il ritrovato equilibrio tra i poteri è una priorità per il Paese», dice il presidente Raffaella Paita. Abuso d'ufficio. L'articolo 323 del codice penale verrà abolito perché ci sono troppi indagati e poche condanne (18 su 4.745 casi) «nonostante i plurimi interventi normativi volti a dare maggiore determinatezza alla disposizione». L'impianto dei reati contro la Pubblica amministrazione resta comunque «un apparato repressivo estremamente articolato». Traffico di influenze. Il reato «spia» di possibili illeciti penali è stato oggetto di alcuni recenti rilievi dalla giurisprudenza. Con la riforma commetterà reato chi «con atto contrario ai doveri d'ufficio» fa derivare «un vantaggio indebito», chi «indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica», chi si fa dare o promettere denaro o altra utilità, con l'aggravante per chi riveste un incarico pubblico. Sarà eliminata la punibilità della «millanteria», a meno che non ricorrano gli elementi costitutivi della fattispecie generale della truffa. Intercettazioni. Arriva la stretta sulla pubblicazione, e solo quelle il cui contenuto sia «riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento». Gli inquirenti dovranno anche stralciare dai brogliacci e dai provvedimenti qualsiasi riferimento a persone estranee alle indagini, senza mai indicarne dati personali. Informazione di garanzia. La notifica, posta a tutela della persona sottoposta a indagini, dovrà essere fatta con la massima riservatezza e dovrà obbligatoriamente contenere una «descrizione sommaria del fatto» che oggi non è prevista. L'ex «avviso di garanzia» è diventato un anticipo di condanna a causa dell'esposizione dell'indagato «alla notorietà mediatica, con effetti stigmatizzanti», che la proposta si propone di eliminare. Limiti all'appellabilità. Il pm non potrà più presentare appello contro le sentenze di assoluzione per reati «di contenuta gravità», come da riforma Cartabia. Restano appellabili quelli gravissimi o che destano allarme sociale, come i femminicidi. Collegio di giudici per il carcere. Sarà un giudice collegiale, non più un solo magistrato, a decidere l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Prima della decisione l'indagato dovrà essere interrogato dal giudice, tranne se c'è pericolo di fuga o di inquinamento delle prove e in caso di reati gravi. Se approvata, la novità dovrebbe entrare in vigore tra due anni, anche grazie all'aumento degli organici della magistratura grazie all'assunzione di 250 nuovi giudici. Giudici popolari.

«Il requisito dell'età non superiore ai 65 anni deve essere riferito esclusivamente al momento in cui il giudice viene chiamato a prestare servizio nel collegio». La norma eviterà il rischio che siano dichiarate nulle sentenze pronunciate in procedimenti per mafia e terrorismo.

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