Il gran derby dei pasticcioni

La Spagna è in un precipizio. L'Italia è nell’abisso. Sprofondate entrambe. Eppure adesso siamo qui, in cima all’Europa, nel punto più alto possibile, con un pallone in una mano e lo spread nell’altra, felici e contenti, a giocarci la finale dell’Europeo con le nostre divise ufficiali e, sotto, le pezze al culo. Saremo i più scassati del continen­te, saremo la zavorra della Ue, sa­remo i furbetti del quartierino di Bruxelles, saremo tutto quello che volete, ma adesso siamo las­sù, tre metri sopra il cielo di Kiev e trenta metri sopra la zucca della Merkel. Abbiamo scalato la vetta sfoderando un calcio inversamen­te proporzionale alla nostra eco­nomia, abbiamo fatto correre la palla come purtroppo non sappia­mo più far correre il Pil, abbiamo brillato nelle azioni di gioco come purtroppo non brilliamo più da tempo nelle azioni di Borsa. E adesso ci godiamo questo mo­mento, la rivincita di noi pasticcio­ni, italiani e spagnoli, dall’abisso alle stelle, tutti gli altri che ci stan­no a guardare là sotto. Con un eu­robond di invidia e il rating della bile fuori controllo. Perché così va il mondo, cari amici crucchi, e spe­riamo che la lezione vi sia servita: anche in campo voi avete avuto il rigore. Ma il rigore non basta per vincere. Alla faccia della vostra algida prosopopea antimediterranea, al­la faccia del vostro nordico di­sprezzo che questa volta rimane negli spogliatoi. Noi di rigori ne ab­biamo sempre avuti pochi, e se ce li abbiamo ce li pappiamo col cuc­chiaio, come fa Pirlo. Perché un giocatore non si giudica mica da questi particolari di Maastricht: un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia. Noi e gli spagnoli di fantasia ne abbia­mo avuta sempre molta: copria­mo con i trucchi i bilanci, occultia­mo le perdite, c’inventiamo con­sulenze farlocche per dilapidare i denari dei contribuenti, riempia­mo gli uffici di statali inutili, maga­ri raccomandati, abbiamo trasfor­mato i nostri enti pubblici in car­rozzoni folkloristici quasi impos­sibili da governare. Però loro con tre tocchi vanno in porta e noi ab­biamo Balotelli-Cassano: forse non bastano come garanzie per i fondi della Bce, forse non sono suf­fi­cienti per ripianare il debito pub­blico. Ma che goduria vederli gio­care. E dunque avanti, siate felici: per stasera siamo noi i padroni del­l’Europa, per stasera siamo noi a dettare le regole, la geometria che conta non è quella del board ma quella del centrocampo. E si rasse­gnino Ficht, Moody’s e Standard& Poor che nel corso degli ultimi me­si ci ha­nno bastonato a suon di de­classamenti, A3, BAA3 e altri pas­saggi più o meno sbagliati: si rasse­gnino perché non sanno giocare a calcio, pur essendo assai più pa­sticcioni di noi. Il 26 giugno erano stato declassate 28 banche spa­gnole, poche settimane prima 26 banche italiane, il 25 maggio il ra­ting S& P della Spagna era passato a BBB+, quello italiano è sceso a febbraio ad A3. Capaci tutti. Prova­te a declassare Iniesta e Pirlo, se ne siete capaci. Non ci riuscirete. E allora, ad­dio precipizio, l’abisso può atten­dere: stasera siamo sulla testa del mondo. E lasciateci sognare con i nostri bilanci da pulcinella e le ri­forme che non si riescono mai a fa­re. Il Pil crolla? Buffon e Casillas lo sapranno fermare: il meno 1,7 per cento (loro) sarà forse più perico­loso di un’incursione di Marchi­sio? E il meno 1,2 per cento (no­stro) sarà forse più minaccioso di un tiro di Xabi Alonso? La fuga di capitali, in fondo, è meno preoccu­pante della fuga dei terzini: se scappano i soldi pazienza, l’im­portante che non ci scappi un gol. Le banche chiedono liquidi? Dia­mogli un po’ di Gatorade dalla panchina. La ripresa è un proble­ma? Proviamo a dare tutto nel pri­mo tempo. Non si riesce a fare il firewall? Mettiamo in campo Bar­zagli e Piqué, loro sì che fanno mu­ro. Finalmente siamo persino riu­sciti a bloccare il turn over. Degli impiegati pubblici? Macché: dei ti­tolari di Prandelli. Infatti per noi giocheranno più o meno gli stessi, quelli che ci han­no portato quassù in cima all’Eu­ropa, avendo per una volta se non il pallino in mano, almeno il pallo­ne nei piedi. E che hanno trasfor­mato stasera nella festa di noi pa­sticcioni, furbastri e declassati, una specie di rivincita euro-evan­gelica, gli ultimi dell’Ue che saran­no i primi. Ma sì, dai: la Germania sfiorerà pure la piena occupazio­ne, ma stasera staranno tutti lì, senza lavoro, nemmeno un maxi schermo da montare. Gli spagnoli e noi, invece, 25 e all’11 per cento di disoccupazione, roba che per un giovane trovare un impiego è più difficile che trovare Monica Bellucci sotto casa nuda e con un mazzo di rose in mano: epperò, stasera, ditemi voi se qualcuno ri­marrà disoccupato, ditemi voi se qualcuno rimarrà senza un impie­go. Nessuno: saremo tutti in piaz­za, dalle ramblas al Circo Massi­mo, con le nostre economie depri­menti e le nostre squadre esaltan­ti, comunque vincitori, entrambi, della partita europea.

Pasticcioni sì, ma di gran classe. E se da doma­ni torna la tempesta su bond e Btp, che importa? Stasera non conta­no i titoli di Stato, contano solo i ti­toli sportivi. Stasera persino Ser­gios Ramos e Chiellini sono me­glio dei project bond.

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