Grazie alla Green Economy, un milione e mezzo di italiani non sono al verde

Agricoltura biologica, commercio «equo e solidale», energie rinnovabili, materiali riciclati: la nuova frontiera industrale produce il sei per cento del pil italiano

Si chiama, in inglese, Green Economy e si traduce, in italiano, in una galassia di 167.000 imprese che danno lavoro a più di un milione e 400.000 persone e che producono 60 miliardi di euro di valore aggiunto, cioè più o meno il quattro per cento del pil nazionale. Sì, sono proprio bei numeri, sono quelli delle organizzazioni no-profit. Dall'agricoltura biologica al commercio «equo e solidale», dalla finanza etica alle energie rinnovabili: un settore che, nonostante la crisi, tira e che ogni anno assicura in media alle varie ditte entrate sopra i cinquantamila euro. Realtà differenti tra loro, ma con parecchi fattori in comune, a cominciare dall'investimento del surplus aziendale nell'impresa stessa.
Sono questi i dati che emergono nel primo rapporto nazionale sull'altra economia, realizzato da Obi One Coop sulla base dell'incrocio di diversi dati statistici ufficiali, e presentato l'altro giorno a Roma. Secondo la ricerca, questo settore conta il sei per cento degli occupati complessivi dell'economia nazionale, a cui vanno aggiunti quasi 700 mila volontari. Tra le imprese dell'altra economia, spiccano i numeri di quelle che operano nel riciclo, circa 65.000 in tutto il Paese, con un valore aggiunto di 23 miliardi di euro annui e 546.000 occupati.
Il riuso dei materiali non è solo quello del piccolo artigiano o della filiera corta, ma esiste un fondamentale sistema industriale che coinvolge soprattutto quattro prodotti: il legno, il vetro, la carta, i metalli. Secondo il Conai (Consorzio nazionale imballaggi), oltre il 60% della produzione nazionale di acciaio è realizzata con l'impiego di rottami di ferro, circa il 75% di quella dell'alluminio è garantita dall'utilizzo di rottami, il 70% degli agglomerati lignei viene ottenuta da truciolare e il 55% della carta nazionale assicurata dall'utilizzo di cartone da macero.
Nell'ambito invece del commercio equo e solidale, il rapporto segnala circa 170 operatori con 1.300 occupati e più di 800 volontari: il prodotto interno lordo è pari a 11 milioni di euro. E, nell'agricoltura biologica, altro comparto sempre più trendy, sono quasi 50 mila le aziende in campo tra produzione, trasformazione, grande e piccola distribuzione, con un prodotto interno lordo a prezzi correnti di circa 1,3 miliardi di euro e con poco più di 190 mila addetti.
Le dimensioni della finanza etica, ricavate direttamente dai bilanci delle organizzazioni che ne fanno parte, parlano di una sessantina di soggetti operanti, con trecento volontari e 230 addetti per un valore aggiunto complessivo intorno agli undici milioni di euro. I dati del credito cooperativo, tratti invece dal bilancio sociale della federazione delle omonime banche, parlano di 430 istituti di credito con trenta mila addetti e quasi 5 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto.
In tema di energie rinnovabili, il rapporto cita la principale fonte sulla materia, e cioè il rapporto del Gestore dei servizi elettrici (Gse, ultimo anno disponibile 2008). L'insieme delle fonti riciclabili in Italia incide per il 17,1% sul consumo interno lordo di energia elettrica, con 360 imprese che operano nella produzione e distribuzione di energie alternative, che producono 2,4 miliardi di euro di valore aggiunto e occupano circa 11 mila persone. Nel comparto del «software libero», a fine 2008 erano quasi 6 mila le imprese del comparto, con circa 27 mila addetti e con una produzione di un valore aggiunto pari a circa 1,4 miliardi di euro.


Ma insieme alle luci, ci sono anche tante ombre, a partire dal fondamentale ruolo che la pubblica amministrazione gioca per lo sviluppo dei segmenti più innovativi dell'economia. Un ruolo, si lamentano gli autori della ricerca, che troppo spesso è solo di freno.

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