È morto il 18 luglio scorso l’artista, editore e collezionista Ezio Gribaudo. Nato a Torino nel 1929, dopo aver debuttato giovanissimo come pittore, sculture e grafico, per tutta la vita si dedicò allo studio e alla diffusione delle opere di grandi artisti, alla ricerca di un «nuovo umanesimo».
Dai ghiacciai della memoria. Da lì manderà segnali ed emanerà luce Ezio Gribaudo, l'amico artista che continuava a parlare, in vita e in morte, con mia madre. Sono tutti là, nella trasparenza di montagne di cristallo come quelle dipinte da Maso da San Friano nello studiolo di Francesco I, in Palazzo Vecchio a Firenze. Lì sono i miei genitori, le persone che ho amato, ed Ezio. Della forza che ci trasmettono parla Guillaume Apollinaire, un poeta amato da Ezio, che riviveva nella memoria le avanguardie francesi degli inizi del suo secolo, pochi anni prima che nascesse, nel 1929. Gli anni di Picasso e di Braque, di Raoul Dufy, di André Breton: «Perché nulla può innalzarvi più/ Dell'aver amato un morto o una morta/ Si diventa così puri da giungere/ Nei ghiacciai della memoria/ A confondersi col ricordo/ Se ne resta fortificati per l'intera vita/ E non s'ha più bisogno di nessuno».
Così certamente Paola vive ora la lontananza temporanea del suo amatissimo padre che, in lei, ha lasciato memoria imperitura di sé. Non lo vedremo più, con il cappello sulle ventitré, con la giacca variopinta di Missoni, con gli occhi curiosi alla ricerca del segreto delle cose; ma lei continua a vivere per lui, a parlare con i suoi pensieri, con la sua passione inesausta, più che per le opere d'arte, per gli artisti, nella varietà e complessità della loro vita. Non ho mai conosciuto nessuno, critico o artista, che fosse così devoto all'arte come religione dell'umanità, che non sentisse mai concorrenza o competizione, per affermare la propria arte in confronto e in contrasto con quella di altri artisti. È questa la cifra irripetibile di Gribaudo, amico, prima che curatore, di tutti gli artisti che hanno reso viva e avventurosa la storia del Novecento, forse per la sua consumata esperienza di editore. In anni ormai lontani, dopo le macerie della guerra, fra il 1959 e il 1974, fu autore e redattore della casa editrice Fratelli Pozzo, e lì ha imparato a studiare e ad amare, non a competere con gli altri artisti.
La prima grande monografia da lui curata fu per uno degli artisti più indipendenti e versatili del Novecento, Corrado Cagli, del quale definì il carattere in una sola parola: irregolare.
Gribaudo si misurò originalmente ideando ogni volta, per cataloghi e libri, soluzioni grafiche e invenzioni geniali, come il Taglio che, praticato nella copertina, annunciava la poetica di Lucio Fontana. L'intervento di Gribaudo corrispondeva, nella posizione dell'immagine, nella scelta dei colori e dei caratteri, a una interpretazione, a una lettura critica dei diversi artisti: la natura materica del colore domina la copertina del libro su Tàpies, il segno labirintico quella su Dubuffet, l'armonia musicale quella su Mirò, il gocciolare del colore nero sul fondo giallo quella su Hans Hoffmann.
Di molti di questi artisti, con i quali decideva e stabiliva l'impianto e la grafica dei libri (molte copertine nascevano da opere realizzate per l'occasione), Gribaudo narra ricordi e situazioni insolite: Bacon incontrato in un pub londinese; Burri - appassionato cacciatore - in un campo di tiro a segno; di Mirò ricorda il temperamento meticoloso, addirittura «da ragioniere»; di Appel l'aspetto rude, in carattere con la tormentata maniera espressionista della sua pittura.
Da questi incontri e amicizie e dai tanti viaggi, Gribaudo ha tratto suggestioni per il proprio mondo formale, attraverso materie e tecniche tra loro lontane, come la iuta e i flani tipografici, con l'uso del collage o del decoupage.
Il suo vissuto dell'arte del Novecento non era una fenomenologia degli stili, come si sarebbe detto per l'attività della ricerca di alcuni critici d'arte, ma il racconto di vite straordinarie, di incontri con Jean Dubuffet, con Marc Chagall, con Joan Miró, con Henri Matisse, con Henry Moore, con Pablo Picasso.
Ezio non aveva visto solo i loro quadri e le loro mostre, ma aveva parlato con loro, pranzato con loro, dormito con loro. I suoi racconti erano avventure e leggende; e lui era affabulatore come nessuno, nel rappresentarne grandezze e stranezze, pensieri e originalità: di Alberto Giacometti come di Fernando Botero, di Graham Sutherland come di Carlo Guarienti. Erano amici, erano stati compagni di strada. La sua vita è stata questo: cogliere l'umano degli artisti e comprenderne le debolezze prima che la forza della loro arte. Ma in quelle debolezze c'era il segreto della loro forza. La sua città era Torino, che è sempre stata, da Giorgio de Chirico ad Aldo Mondino, la capitale dell'arte contemporanea. Il museo di Rivoli, Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone, Andrea Bruno; Agnelli e le sue collezioni, con Balthus e Andy Warhol; l'arte povera; le gallerie Galatea e la galleria Notizie; Luigi Carluccio e Mario Tazzoli, Luciano Pistoi e Giorgio Persano. È il mondo vivo, e che continua a vivere, nella città più sensibile all'arte contemporanea in Italia. Gribaudo vigilava, sapeva, vedeva, incontrava: artisti come Jean Fautrier, Franz Kline, Mark Rothko, Yves Tanguy, Fernand Léger, Christo, Max Ernst, Robert Rauschenberg, Victor Vasarely, Enrico Castellani, Getulio Alviani, Enrico Baj, Luciano Fabro, Alik Cavaliere, George Mathieu, Mark Tobey, Antoni Tàpies, Carla Accardi, Pinot Gallizio, Cy Twombly, Asger Jorn, Francis Picabia, Jean Arp, Kurt Schwitters, Hans Hartung, Jean Paul Riopelle, Sam Francis, Josef Albers, Victor Brauner, Louise Nevelson, Wilfredo Lam, Henry Michaux, Salvatore Scarpitta, Fausto Melotti, Mario Merz, Mario Nigro, Kenneth Noland, Frank Stella, Arman, Tano Festa, Giulio Paolini, Mario Schifano, Michel Tapié. Tutti visti, tutti sostenuti con convinzione. È l'arte contemporanea, bellezza!
Per molti di loro aveva curato cataloghi o monografie nella collana, da lui diretta, dei Fratelli Fabbri Editori. A me chiese, nel 1983 (ed uscì l'1 gennaio 1985), la monografia su Carlo Guarienti, che oggi ha 99 anni. Dunque, quasi 40 anni fa.
C'eravamo incontrati, e io avevo appreso da lui storie note e segrete di artisti fra Europa e America. Per me Gribaudo era l'editore per eccellenza, innamorato ed appassionato. Nel 1988 a Torino vi fu la prima edizione del Salone internazionale del libro, voluto da Angelo Pezzana e Guido Accornero; e io non l'ho mancato un anno. Era l'appuntamento nella sua città, con lui, nello studio o nella casa dove aveva raccolto una collezione di maestri del Novecento in cui spiccavano Picasso e Savinio, de Chirico e Morandi, Burri e Fontana, gli stessi artisti che potevi vedere nel palazzo veneziano della sua amica Peggy Guggenheim. Tutto era leggenda nella vita di Ezio. Insieme andammo in Colombia a trovare, e a vedere nella sua patria, Fernando Botero, un artista straordinario e pieno di vita, guardato con diffidenza e sospetto da molti esponenti della critica ufficiale, noiosi e pieni di pregiudizi. Botero, conosciuto nel suo soggiorno parigino, era tra gli amici più cari di Gribaudo. Lo vedemmo nella sua città, Medellín, nella capitale, Bogotà, fummo felici in quel viaggio, con mia madre e con mio padre; eravamo tutti giovani, spensierati, allegri.
Gribaudo aveva ammirazione per le capacità degli altri artisti, come raramente accade; ma era anche lui artista e innovatore. Nella lontana Biennale di Venezia del 1966 ebbe il primo premio; e, attraversando epoche e stili, aveva creato una sua cifra riconoscibile e originale, dialogando con i linguaggi dell'informale, dell'astrattismo, della pop art, in una continua attenzione per i classici, antichi e moderni, da Raffaello a Picasso. Da lì derivano, come estreme interpretazioni di de Chirico e di Savinio, i Logogrifi, i Metallogrifi, i Teatri della Memoria, i Dinosauri. E non sai, mentre li vedi e visiti il suo studio, come una meravigliosa e rutilante officina, se egli sia figurativo o astratto, surrealista o patafisico, metafisico o concettuale. Senti che è originale e impervio nella ricerca, indipendente, sperimentale, innovativo. Capisco oggi perché mi chiese di scrivere su Guarienti, a lui affine nella sottile perversione delle immagini. E si è talmente applicato agli altri maestri, talmente li ha amati ed esaltati, che ha lasciato la sua opera in penombra, come un negativo fotografico in attesa di essere stampato. Prima la gloria degli altri, prima la storia.
Gribaudo ha amato l'arte sopra ogni cosa, e
per essa è vissuto. Conoscere richiede pazienza e passione. Ezio, glorioso artista amico degli artisti, in tutti i modi ha esaltato la grandezza altrui prima che il merito proprio.Adesso che non c'è più, inizia ad esistere.
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