Ma guarda, eravamo ricchi e non ce ne siamo accorti

Non chiederti per chi suona la tassa sul lusso, perché potrebbe suonare per te. È cominciata la caccia al ricco e uno si immagina Paperoni in fuga, cloni di Briatore vestiti da pirati, mercanti di Venezia che mettono sulla bilancia pezzi di cuori, tutti ossessionati dall’ombra austera di Monti, poi vai a sbirciare la manovra e si scopre che basta poco per stare nel club di denari.
Chi sono i ricchi secondo il governo dei professori? Per scoprirlo bisogna andare a vedere una cosa che nella manovra non c’è più. È stata cancellata. Era l’idea di aumentare l’aliquota Irpef di tre punti percentuali. Per chi? Per chi ha uno stipendio lordo che supera i settantacinquemila euro. Eccoli allora i ricchi.
Non basta avere una barca o un’automobile di lusso per far parte del club dei miliardari. C’è un amico che da qualche giorno è disperato. Guadagna tremila euro al mese, sono anni che non si fa una vacanza, risparmia dove può. È uno che non ha mai guardato una marca e l’ultima volta che ha regalato un gioiello alla moglie era il primo anniversario di matrimonio. Sono passati parecchi anni. Ha solo una fissa, fin da quando era piccolo: il mare. Navigare. Seguire il vento. Dopo anni di risparmi si è comprato una barca a vela, una cosa senza pretese, di seconda mano, che supera a malapena i dieci metri. Se la coccola come un figlio. È la sua unica grande passione. Ora ha scoperto di essere un super ricco. Si è guardato allo specchio e ancora non ci crede. Chi io? Per quella barca che la moglie non sopporta, per uno sfizio, un sogno, una di quelle cose che fai per dare un senso a una vita spesso solo anonima? Alla fine gli toccherà vendere la barca, per sentirsi ufficialmente povero.
E mica c’è solo lui. Qui alla fine siamo ricchi e non lo sapevamo. Noi che abbiamo sempre fatto una vita normale, cercando di strappare qualche frammento di lusso, magari inseguendo le nostre passioni. Ma se questa è la ricchezza allora qualcuno si è sbagliato. O noi o loro? Noi, piccoli borghesi, che ogni sfizio ci ha fatto male alla coscienza, con i sensi di colpa per una spesa un po’ più folle delle altre, con la convinzione che almeno una volta nella vita si può anche rischiare di fare qualcosa da ricchi. C’è chi si è svenato per la macchina usata, chi per una vecchia barca. E se avesse ragione Monti? Eravamo ricchi e non lo sapevamo. Chissà quante cose ci siamo negate. Andavamo a Fregene e invece potevamo salpare per i Caraibi, Terminillo invece che a Cortina. Noi normali, noi né ricchi né poveri, noi benestanti, con una passione di troppo. Noi con la barchetta e senza yacht. Noi come loro, i miliardari da Fortune. Ecco. Se ha ragione Monti anche noi vogliamo una star di Hollywood come amante o una casa a Montecarlo.
La fregatura che questa è una tassa a strascico e dentro ci finisce molta gente che straricca proprio non lo è, colpa di un indice che non va a vedere chi sono i ricchi per davvero, ma presume che basti avere una barca e una macchina per essere tartassato.

Poi se uno fa il giro del mondo delle vacanze o si veste come un modello di Armani, o si svena ogni anno per l’ultimo modello di telefonino può stare tranquillo: per il governo Monti è il solito poveraccio. È l’idea dello status symbol che conta. È il simbolo che ti frega.
La sfiga è tutta per noi. I miliardari per caso. I benestanti. I ricchi della domenica. Noi, ricchi a nostra insaputa.

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