La Guerra fredda per l'anima di Boris

Così il regime sovietico provò a impadronirsi della memoria del poeta (che aveva perseguitato)

La Guerra fredda per l'anima di Boris

La pubblicazione del Dottor Zivago, il capolavoro di Boris Pasternak, non è stato solo un caso editoriale di portata mondiale ma anche una importante battaglia della Guerra fredda. Neppure la morte dello scrittore (1960) metterà fine allo scontro combattuto sulla pelle di due innocenti, Olga Ivinskaja, la donna amata dal poeta, e sua figlia Irina. Unica «colpa» di Olga: essere l'esecutrice testamentaria di Boris detto il Classico, nomignolo scherzoso affibbiatogli dalla spumeggiante Irina.

Pasternak e Ivinskaja. Il viaggio segreto di Zivago (Feltrinelli, pagg. 608, euro 35) di Paolo Mancosu, professore di filosofia a Berkeley, ricostruisce le intricatissime vicende che portarono alla pubblicazione, in anteprima mondiale, del Dottor Zivago presso una giovane casa editrice di Milano, la Feltrinelli. La storia però non finisce lì. Prosegue fino alla reclusione nei Gulag di Olga e Irina. Proprio questa parte è la novità assoluta del nuovo volume. Le oltre seicento pagine di Pasternak e Ivinskaja riuniscono gli studi di Mancosu e quindi includono integralmente anche il libro precedente (Zivago nella tempesta. Le avventure editoriali del capolavoro di Pasternak, Feltrinelli 2015).

Per sommi capi, riassumiamo il caso editoriale. Su segnalazione del giornalista Sergio d'Angelo, Giangiacomo Feltrinelli acquisisce il manoscritto del Dottor Zivago. Pasternak è convinto che il suo romanzo, ideologicamente alieno al regime sovietico, non potrà mai vedere la luce in Russia. Gli ostacoli alla pubblicazione sono infiniti. Pasternak si trova isolato in patria. Feltrinelli deve respingere anche i tentativi di censura del Partito comunista italiano che, fedele a Mosca, vorrebbe mandare a monte l'operazione. Nel novembre 1957, il Dottor Zivago è nelle librerie col marchio Feltrinelli. Il regime si fa sempre più minaccioso nei confronti del Classico di nomignolo e di fatto: nel 1958, gli viene assegnato il Premio Nobel per la letteratura. In Urss parte una campagna per screditare lo scrittore, costretto a rinunciare al riconoscimento. Mancosu butta sul piatto una mole sterminata di documenti, molti inediti, che permette di entrare in tutte le pieghe della vicenda dalla quale, tra l'altro, esce annichilita la reputazione del Pci.

Anche la forza dei nuovi capitoli di Mancosu risiede nella capacità di conciliare un attento censimento di tutte le carte disponibili (con altri inediti) e la buona scrittura, che permette al lettore, anche inesperto, di districarsi tra spie, spie presunte, lire, rubli, Kgb, Cia, opere letterarie, manoscritti, editori, amici, amici degli amici, falsi amici e Storia. Così si scrive la vera saggistica.

Diamo un'occhiata alle date in parallelo. Mentre il romanzo esce in Italia, Krusciov, diventato segretario del Pcus nel 1953, dà il via alla destalinizzazione nel 1956. Nello stesso anno, però, c'è la rivolta di Budapest, soffocata nel sangue dall'Armata Rossa. Nel 1961, viene costruito il Muro di Berlino. Nel 1962, si sfiora la guerra atomica in seguito alla crisi cubana dei missili.

Nel frattempo, il romanzo è diventato un caso mondiale. I sovietici hanno cercato di prendere il Classico per fame, sottraendogli ogni fonte di guadagno. Pur essendo consapevole del rischio, Pasternak, per sopravvivere, si fa recapitare piccole somme prelevate dai diritti d'autore maturati all'estero. Nel 1960, lo scrittore muore e lascia tutto a Olga, l'amore della sua vita, la Lara di Zivago. Si conoscono nel 1946 quando Olga si occupava di nuovi autori per la rivista Novyj Mir. Nel 1949 viene arrestata. Il motivo è ignoto. Gli interrogatori però ruotano intorno alle inclinazioni antisovietiche di Pasternak. Lei non lo tradisce e si fa quattro anni di Gulag. Esce nel 1953 alla morte di Stalin.

Olga resta nel mirino del Kgb anche dopo il funerale del poeta. Lei ha tutte le carte di Boris, incluso il dramma inedito La bellezza cieca. Inoltre dispone di un testamento-delega in cui Pasternak le affida la eredità-responsabilità di ogni aspetto letterario e finanziario. Parte di queste carte, specie il testamento, spariscono in circostanze piuttosto misteriose mentre prendono la strada per l'Italia passando per il Caucaso. Nel 1960, a Irina viene consegnata una grande somma, centomila rubli, proveniente dall'Italia. L'imprudenza è l'occasione attesa a lungo dalla polizia sovietica. Olga e Irina vengono imprigionate, processate e condannate rispettivamente a 8 e 4 anni per «traffici illegali», cioè contrabbando di valuta, come imputazione principale.

Mancosu ricostruisce la diplomazia sotterranea per salvare le due donne, permettendo ai russi di salvare la faccia, prerequisito fondamentale per il successo dell'operazione. Si spendono nomi importanti, da Graham Greene a Bertrand Russell, passando per François Mauriac. Nel 1962, viene liberata Irina, che nel 1984 si trasferisce a Parigi, dove vive tuttora. Nel 1964 tocca a Olga, che muore a Mosca nel 1995.

Qual è il senso di questa storia o meglio della crudeltà sovietica? Tutto lascia pensare che il Partito volesse appropriarsi della memoria di Pasternak, dopo avergli reso la vita impossibile. Nei sogni dell'apparato, le carte in mano a Olga avrebbero permesso di ridisegnare il ritratto dello scrittore a piacimento del regime.

Il Dottor Zivago sarebbe finito tra parentesi, un incidente, un caso montato dagli occidentali, un'opera quasi estranea al canone del Classico. Il vero obiettivo era mettere le mani su Boris Pasternak. Impossibile, compagni. La verità dell'arte è più forte di tutto.

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