
Volodymyr Zelensky si mette alle spalle il venerdì più nero della sua presidenza, prova a voltare pagina e su X lancia un appello a Washington, nonostante Trump abbia deciso proprio ieri di sospendere gli aiuti militari a Kiev. «Sono pronto a lavorare per la pace sotto la forte leadership di Trump - scrive - potremmo iniziare dal rilascio dei prigionieri e dal cessare il fuoco contro fonti di energia e infrastrutture civili, ma la Russia deve fare lo stesso e l'Ue deve essere al tavolo con noi». Il leader ucraino ammette che l'incontro alla Casa Bianca non è andato come avrebbe voluto, ma «è tempo di sistemare le cose». Poi esprime «sincero apprezzamento» per il ruolo svolto dagli Usa nel sostenere l'Ucraina «al mantenimento della sua sovranità ed indipendenza». Zelensky ha ringraziato il tycoon per aver fornito di recente a Kiev i Javelin, missili terra-aria che in alcune circostanze hanno permesso all'esercito di combattere alla pari con Mosca. Per quanto riguarda l'accordo sulle terre rare «l'Ucraina è pronta a firmarlo in qualsiasi momento e in qualsiasi formato conveniente». Una mano tesa che viene accolta favorevolmente da Mosca. «Pronto è buono, è positivo», filtra dal Cremlino.
Sulla questione militare è intervenuto anche il premier Shmyhal, convinto che le forze armate ucraine siano in grado di reggere sul campo di battaglia nonostante la pausa degli aiuti militari statunitensi. «Continueremo a lavorare con gli Usa attraverso tutti i canali disponibili in modo calmo», sottolinea. Se è vero che circa il 90 per cento delle armi impegnate per l'Ucraina con i pacchetti approvati dall'amministrazione Biden sono già state consegnate, le mancate forniture dei sistemi di difesa aeree Patriot esporranno Kiev all'assalto dei micidiali missili balistici russi.
In attesa di capire quali saranno le future manovre di Washington e dell'Europa, sempre più convinta a sostenere militarmente Zelensky, la guerra continua ad andare avanti. La zona calda del conflitto è diventata negli ultimi giorni quella a ridosso del fiume Dnipro. Mosca sta provando a più riprese, anche con azioni kamikaze, di attraversarlo nella parte sud-orientale e avanzare nel cuore pulsante dell'Ucraina. «I russi capiscono perfettamente che si tratta di una missione suicida, ma si ostinano a mandare al massacro centinaia di soldati», racconta il governatore ucraino della regione di Kherson Oleksandr Prokudin al quotidiano britannico Guardian. Mettere gli scarponi oltre il Dnipro significherebbe impadronirsi dell'intera regione del Kherson, una delle quattro che il Cremlino rivendica come proprio territorio assieme a Donetsk, Lugansk e Zaporizhzhia. Putin pensa che presentarsi al tavolo dei negoziati di pace con le proprie truppe saldamente al controllo della zona possa fare la differenza. Durante le prime fasi dell'Operazione Speciale, le milizie di Gerasimov avevano in larga misura occupato il Kherson, ma nel novembre del 2022 erano arretrate di parecchi chilometri per problemi nei rifornimenti.
Nel 1104° giorno di battaglia gli ucraini hanno attaccato le infrastrutture di pompaggio del petrolio nelle regioni russe di Rostov e Samara. In risposta Mosca ha preso di mira le centrali energetiche di Odessa, provocando interruzioni di corrente in tutta la città e danneggiando gli impianti di riscaldamento.
Nel Kursk occupato, i russi, con l'ausilio degli elicotteri d'attacco Ka-52M, hanno liberato la località di Pogrebki, distruggendo diversi carri armati Abrams, e confiscando razzi, proiettili, cartucce e granate Nato abbandonate dagli ucraini in fuga.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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