"È un conflitto imperialista. Diplomazia per la Crimea? Solo se lo Zar sarà in bilico"

La direttrice dell’Istituto Affari Internazionali: "L’idea di debolezza può cambiare gli scenari a Mosca"

"È un conflitto imperialista. Diplomazia per la Crimea? Solo se lo Zar sarà in bilico"
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"Quando pensa a una soluzione politica per la Crimea, Volodymyr Zelensky è probabile che si riferisca a una dinamica politica interna alla Russia, che porti alla liberazione della Crimea, non a veri e propri negoziati con Mosca". Zelensky immagina un cambiamento dentro al regime russo, aiutato da un successo militare degli ucraini in Crimea. Non vuol dire boots on the ground, i soldati di Kiev nella penisola, non immagina una liberazione militare. Gli ucraini puntano ad arrivare alla frontiera e a mettere la Crimea in una situazione di insicurezza e pericolo, tale da creare conseguenze anche a Mosca". Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, è convinta che l’intervista alla tv nazionale ucraina del presidente Zelensky, in cui il leader di Kiev ha paventato una soluzione politica per la penisola di Crimea, non sia affatto l’anticamera di possibili negoziati con la Russia, né un’apertura di Kiev per tornare al tavolo delle trattative.

Qualcuno ha letto quelle parole come una possibile svolta.
"Ma c’è un malinteso di fondo. Questa non è una guerra come nei Balcani, non è una guerra civile o etnico-politica all’interno di uno Stato, che si chiude con una secessione, forme di federalismo e/o consociativismo, cooperazione regionale. Questa è una guerra di natura completamente diversa, è una guerra imperiale, fra Stati. Le guerre imperiali si vincono oppure si perdono. Non c’è un compromesso".

Non c’è dunque speranza, per ora, per una soluzione diplomatica?
"Non c’è mai stata un’apertura di Mosca a un negoziato. La speranza di Kiev è che la pressione militare porti a un cambiamento in Russia, che gli ucraini arrivino alle frontiere della Crimea e che per quei territori la situazione si faccia insostenibile, peggiore del 2014, quando Mosca si è mangiata la penisola senza che nessuno battesse ciglio. Se ci sarà la percezione che la Russia è più debole, questo potrà innescare un cambiamento politico nel Paese, caos, tentativi di golpe, crollo del regime".

Ma Putin sembra saldo al comando, specie dopo la morte di Prigozhin. È così?
"Dipende dall’arco temporale con cui guardiamo i fatti. Putin è certamente più forte oggi rispetto a tre settimane fa. Ma non lo è rispetto a tre mesi o tre anni fa. Se ci dovesse essere un nuovo Prigozhin, è chiaro che la prossima volta non si fermerà a 200 chilometri da Mosca. Perché saprà che se ci prova, dovrà andare fino in fondo o farà una brutta fine".

Perché allora Zelensky avrebbe parlato di demilitarizzazione della Crimea, se non vede all’orizzonte dei negoziati?
"Il suo pensiero è chiaro da tempo: nel giorno in cui libereremo la Crimea - ha sempre detto Zelensky - noi ci impegniamo perché la penisola venga smilitarizzata, perché prendiamo in considerazione che la Russia possa avere esigenze di sicurezza".

Eppure anche gli Stati Uniti sembra stiano premendo perché la Crimea sia inserita in una trattativa più ampia. Per Biden il conflitto potrebbe essere un problema per le presidenziali in Usa nel 2024.
"Certo, Biden ha questa esigenza, ma la conseguenza è che il presidente americano vuole vincere la guerra prima delle elezioni. E non vuole arrivare a un negoziato. Questo non vuol dire che vincerà, ma nemmeno che punti alle trattative".

Zelensky invece potrebbe sospendere la legge marziale e indire elezioni parlamentari e presidenziali entro l’anno prossimo. Le sue parole sono forse un inizio di campagna elettorale?
"Il punto è che se Zelensky apre ai negoziati, gli ucraini lo cacciano dopo due minuti. Anche per questo la questione è fuori dai parametri del dibattito".

Sarà una guerra infinita? Lunghissima?
"Andrà avanti finché uno vince e l’altro perde".

Che cosa vuol dire vincere?
"È un tema per tutta l’Ucraina. Credo che questa guerra finirà quando la Russia si ridefinirà come Stato-nazione. Da questo dipende la sicurezza dell’Europa. Che non ci sia una nazione che si intende come un impero e che inevitabilmente rappresenta una minaccia.

È un processo che passa attraverso una sconfitta, che faccia capire alla Russia che non è più una potenza imperiale. Gli altri ex imperi, quello britannico, francese, portoghese, a un certo punto hanno preso atto di aver perso. Finché non succede questo in Russia, non ci sarà pace in Europa. Quando succederà? È la grande incognita".

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