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"Creerebbe precedente". Stop del Pentagono alle indagini sui crimini di guerra della Russia

Il dipartimento della Difesa Usa frena sulla collaborazione tra l'amministrazione Biden e la Corte penale internazionale. Crescono così le difficoltà di portare a processo la leadership del Cremlino per i crimini commessi in Ucraina

"Creerebbe precedente". Stop del Pentagono alle indagini sui crimini di guerra della Russia

Nuovo ostacolo all'azione giudiziaria internazionale contro i crimini di guerra commessi dalla Russia in Ucraina. Secondo il New York Times, lo sforzo degli Stati Uniti di arrivare a una condanna da parte della Corte penale internazionale potrebbe arenarsi a causa degli stessi Usa. Alla base di questa frenata improvvisa, riporta il quotidiano americano, ci sarebbe l'ostruzionismo del Pentagono, preoccupato per gli sviluppi futuri che potrebbero esserci nel caso in cui i leader russi dovessero essere perseguiti penalmente dal tribunale dell'Aia.

Il muro del Pentagono sui crimini di guerra della Russia

Il dipartimento della Difesa statunitense teme che un eventuale provvedimento nei confronti della leadership del Cremlino, Vladimir Putin in primis, possa creare un precedente da usare contro i militari o gli stessi presidenti Usa. Dentro all'amministrazione Biden ci sarebbe dunque un'impasse, dal momento che le agenzie di intelligence, il dipartimento di Stato e il dipartimento di Giustizia sono tutti a favore della piena collaborazione con la Corte, dalla quale però gli Stati Uniti si sono ritirati dopo aver firmato lo Statuto di Roma nel 1998.

Il National Security Council ha convocato una riunione del "comitato dei principali" a livello di gabinetto nel tentativo di risolvere la controversia il 3 febbraio scorso, ma il segretario alla Difesa Lloyd Austin, contrario alla condivisione con il procuratore della Cpi Karim Khan del materiale raccolto finora, ha continuato a opporsi all'idea di incontrarsi per risolvere la questione. Gli Stati Uniti hanno promesso dal primo giorno di mostrare le atrocità di Mosca in questo conflitto. Un mese fa, durante la Conferenza di Monaco sulla sicurezza, la vicepresidente Kamala Harris aveva annunciato al mondo intero che il suo Paese è in possesso delle prove dei crimini di guerra russi in Ucraina.

Lo scorso dicembre, il Congresso ha abrogato il titolo II dell'Hague Invasion Act, una legge risalente al 2002 che proibiva la cooperazione con la Corte penale internazionale e consentiva al presidente di usare tutte le misure necessarie per liberare qualsiasi cittadino americano o di una nazione alleata detenuto dalla Cpi. Nel 2021, invece, Biden aveva revocato un ordine esecutivo emanato da Donald Trump che definiva l'Icc (International Criminal Court) una "minaccia alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti".

La Corte penale internazionale e l'Ucraina

La Cpi attualmente sta indagando sul comportamento del Cremlino a ormai più di un anno dall'invasione lanciata da Vladimir Putin e a quasi dieci dall'annessione illegale della Crimea, concentrandosi in particolare sulla catena di comando che ordina i bombardamenti sulle infrastrutture civili e sulla deportazione di 6 mila bambini ucraini in Russia. Il procuratore generale dell'Ucraina, Andriy Kostin, ha dichiarato nell'autunno del 2022 che il suo ufficio ha già incriminato 135 persone e ha documentato oltre 34 mila potenziali crimini di guerra commessi dalle forze russe, mentre starebbe formulando l'accusa di genocidio contro Mosca. L'Ucraina non ha mai ratificato lo Statuto di Roma, ritenuto "incompatibile con la costituzione ucraina" dall'alta corte di Kiev nel 2001, ma ha più volte riconosciuto la giurisdizione dell'Aia, a cui ha fatto ricorso nel 2013 e nel 2014 contro la Russia.

La Corte penale internazionale è un tribunale permanente che indaga sui principali crimini del diritto internazionale, come il genocidio (la distruzione di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale), i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e l'aggressione di uno Stato contro un altro. Ha sede all'Aia, nei Paesi Bassi, e in passato ha processato diversi leader di nazioni sovrane come il capo di Stato libico Muammar Gheddafi e l'ex dittatore del Sudan Omar al-Bashir.

È altamente improbabile che la Cpi, che non è un organo dell'Onu e ha giurisdizione sovranazionale solo sugli Stati membri, riesca a processare Vladimir Putin. La Russia infatti non ha siglato il trattato istitutivo e per questo motivo non è tenuta a garantire l'estradizione.

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