Droni russi in Romania, caccia Nato in volo e il rischio incidenti: perché è alta tensione nei cieli

Nella notte tra martedì e mercoledì droni russi sono precipitati in Romania al confine con l'Ucraina. Sarebbe la terza volta nell'arco di quasi un anno.

Droni russi in Romania, caccia Nato in volo e il rischio incidenti: perché è alta tensione nei cieli

La Romania ha fatto decollare aerei da combattimento F-16 al confine con l'Ucraina nella notte tra martedì e mercoledì scorso dopo che la Russia ha lanciato attacchi di droni vicino al suo territorio.

L'attacco russo, effettuato con 23 droni kamikaze tipo Shahed-136 (o Geran-2), era diretto verso la città ucraina di Izmail, situata sul Danubio a poca distanza dalla sua foce. In quel tratto, il lungo fiume rappresenta anche il confine tra Romania e Ucraina, e da quello che sappiamo alcuni droni avrebbero sconfinato finendo nei pressi del villaggio romeno di Plauru.

Non è la prima volta che succede quando gli attacchi di droni russi si spingono così a occidente: a settembre 2023 parti di quello che probabilmente era un drone erano precipitate in territorio romeno, e Bucarest aveva inizialmente smentito la notizia, per poi confermarla poche settimane dopo; a metà dicembre dello stesso anno, il ministero della Difesa di Bucarest aveva dichiarato che F-16 rumeni e “Typhoon” dell'aeronautica tedesca erano stati fatti decollare dopo che la Russia aveva attaccato le strutture portuali ucraine e uno dei droni si era schiantato vicino a un villaggio di confine a ovest di Izmail.

In Romania, proprio per rinforzare le capacità di difesa aerea nazionali, è attiva una missione Nato di Air Policing già da prima dello scoppio del conflitto ucraino, e anche la nostra Aeronautica Militare vi ha partecipato in un meccanismo di rotazione che vedeva anche la presenza della Royal Air Force (Raf) britannica.

La vigilanza dell'Alleanza Atlantica è particolarmente alta nell'area di confine con l'Ucraina, proprio per cercare di evitare che ci possano essere incidenti come quello della scorsa notte, ma le missioni di sorveglianza e di ricognizione della Nato nel Mar Nero sono diventate sempre più rischiose per colpa degli “incontri ravvicinati” coi caccia russi, che a volte hanno dato luogo a incidenti anche molto seri.

Queste missioni rientrano nella routine della Nato da molti anni, e vengono effettuate da droni o da velivoli per la raccolta dati di intelligence elettronica e dei segnali (Elint e Sigint) tipo RC-135 nello spazio aereo internazionale al di sopra di quello specchio d'acqua.

La Russia sostiene che i dati raccolti in questi voli di sorveglianza, vengano trasmessi in tempo reale alle forze ucraine per aiutarle nei loro attacchi in “territorio russo”, come la Crimea. Sebbene questo non sia possibile perché i sistemi di comando e controllo dell'esercito ucraino non sono “in rete” con quelli della Nato e, oltretutto, “parlano un'altra lingua” per via delle loro eterogeneità, è ragionevole pensare che comunque ci sia un certo livello di passaggio di dati raccolti dalla ricognizione occidentale, comunque non utilizzabile per attacchi in tempo reale come sostiene Mosca.

Per questo, le forze aeree russe basate nel bacino del Mar Nero, hanno intrapreso azioni più aggressive nei confronti dei ricognitori dell'Alleanza, al punto che a settembre 2022 si è rischiato un gravissimo incidente quando un caccia Su-27 delle Vks (le forze aerospaziali russe), ha “rilasciato un missile in prossimità di un RC-135 della Raf”. Il missile, fortunatamente, non agganciò il bersaglio e l'incidente venne spiegato con una mal interpretazione del pilota russo di una comunicazione del comando di terra, ma le azioni aggressive dei caccia di Mosca hanno provocato, qualche mese dopo ovvero a marzo 2023, la caduta di un drone Mq-9 “Reaper” nel Mar Nero.

In quella occasione sempre un caccia Su-27, in una delle diverse manovre aggressive volte a disturbare la rotta del drone, si era avvicinato troppo danneggiandone l'elica. Le conseguenti vibrazioni e perdita di potenza, hanno costretto l'operatore del “Reaper” a farlo precipitare in mare.

Incontri ravvicinati sempre più frequenti, dicevamo, e che proprio da quando l'RC-135 britannico ha rischiato di essere abbattuto nel 2022 riguardano anche i caccia della Nato: la Raf, infatti, ha stabilito di dare una scorta di due “Typhoon” ogni qualvolta che uno dei suoi aerei da ricognizione elettronica solca i cieli del Mar Nero, onde evitare altre “spiacevoli” conseguenze.

Proprio nella medesima giornata di ieri, un video diffuso dal Ministero della Difesa della Federazione russa ci mostra cosa accade quando la caccia di Mosca incontra uno di questi voli: in questo caso l'intercettazione, da parte di Su-27, è avvenuta senza incidenti ma le immagini ci permettono di apprezzare le modalità di identificazione visiva di questi voli particolari.

Restando sul fronte romeno, si segnala che due bombardieri strategici statunitensi B-52H, impiegati per la missione Bomber Task Force 24-4, sono stati intercettati nel loro volo di trasferimento dagli Stati Uniti verso la Romania (in un primo storico dispiegamento in quel Paese), da velivoli russi mentre si trovavano al di sopra del Mare di Barents. Eventi simili sono avvenuti spesso quando le missioni di questi bombardieri si avvicinano alla Adiz (Air Defence Identification Zone) russa, e accadono a ruoli invertiti quando i bombardieri russi effettuano voli di pattugliamento verso le coste statunitensi.

Per evitare allarmismi inutili è bene ribadire che entrambe le parti operano generalmente con un alto livello di professionalità, e che, per evitare reazioni scomposte dell'opinione pubblica e anche per allontanare l'escalation, certi “incidenti” spesso vengono taciuti fin

quando è possibile (ad es. il caso dell'RC-135 britannico): del resto il modo in cui, in cielo o sui mari, Russia e Nato si “incontrano” e si osservano è infatti solo un altro dei tanti linguaggi della rispettiva diplomazia.

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