La notizia del possibile posizionamento di testate nucleari russe in Bielorussia ha nuovamente acceso i riflettori su un'eventuale escalation nucleare del conflitto in Ucraina. E quindi su quello che potrebbe accadere nel Vecchio Continente in caso di un attacco di Mosca con ordigni di distruzione di massa.
Le stime parlano di almeno 90 milioni di vittime nel giro di poche ore. Così come sottolineato su La Nazione, c'è uno studio del programma Science and global security (Sgs) dell’università di Princeton in cui è stato simulato nel dettaglio quello che potrebbe accadere in una guerra atomica. Gli scenari presi in considerazione confermano il quadro molto grave emerso anche in precedenti simulazioni. Tuttavia, è anche da considerare il fatto che un attacco atomico da parte russa avrebbe conseguenze politiche nefaste per Mosca. E questo, ad oggi, è il vero deterrente contro azioni di questo genere.
La simulazione di Sgs
I ricercatori hanno simulato un attacco russo dalla base di Kaliningrad. E quindi dall'enclave baltica della Federazione russa, lì dove già da anni (e in una posizione ben più a ovest della Bielorussia) Mosca mantiene batterie di missili capaci di contenere ordigni nucleari. Nello scenario preso in considerazione da Sgs, una volta che il Cremlino ha dato il disco verde al lancio di armi atomiche, grazie alla vicinanza di Kaliningrad al centro dell'Europa molte capitali del Vecchio Continente sarebbero bombardate nel giro di pochi istanti.
Varsavia, Berlino, Praga, ma anche più a sud alcune delle città italiane potrebbero essere nel mirino dei primi 300 missili nucleari partiti dal territorio russo. I Paesi Nato a quel punto risponderebbero subito all'attacco. L'Alleanza Atlantica, sempre nella simulazione di Sgs, lancerebbe almeno 180 ordigni nucleari verso obiettivi della Federazione russa. Questa prima fase di guerra costerebbe entro tre ore almeno 2.5 milioni di morti.
La replica della Nato, darebbe vita a una controreplica russa. Mosca, secondo i ricercatori di Princeton, proverebbe a distruggere sempre con armi atomiche tutti i principali obiettivi militari in Europa. Gli Usa, in risposta, lancerebbero così 600 ordigni atomici in direzione della Russia. In questa fase di repliche e controrepliche, il bilancio potrebbe crescere fino a 3.4 milioni di morti in 45 minuti.
Ma è nell'ultima fase che la tragedia assumerebbe i contorni più gravi. Con gli obiettivi militari reciprocamente annientati, si passerebbe a colpire indiscriminatamente tutte le principali città e i principali centri economici sia in Europa che nella Federazione russa. Washington e Mosca lancerebbero in 45 minuti diverse testate atomiche, provocando 85 milioni di morti. Un quadro agghiacciante, una drammatica realizzazione di tutti gli scenari da "inverno nucleare" potenzialmente nocivo per l'intera umanità e non solo per i territori direttamente coinvolti dai bombardamenti.
Anche perché per ogni ordigno caduto occorre poi valutare gli effetti delle radiazioni lanciate dal vento in zone lontane. L'intero pianeta sarebbe quindi coinvolto nel disastro. Questa simulazione conferma quanto già valutato da diversi decenni a questa parte: una volta partito un attacco nucleare, fermare l'escalation sarebbe molto difficile e si arriverebbe a disastri in grado di mettere in pericolo l'esistenza stessa dell'uomo sulla Terra.
I danni politici di un'escalation nucleare
Una simulazione del genere rischia di generare maggiore paura in giorni come questi, caratterizzati dal conflitto in Ucraina e da linee rosse valutate come molto sottili sia da Mosca che da Washington. Tuttavia, sono in tanti tra gli analisti politici e diplomatici a ritenere lontana l'ipotesi di un'escalation. E questo anche al netto del recente spostamento di ordigni russi in territorio bielorusso. Una provocazione quest'ultima che però non sembra allarmare più di prima i Paesi europei più vicini. Polonia e Lituania ad esempio, convivono da anni con la presenza di testate atomiche a Kaliningrad.
Intervistato su La Nazione, lo storico militare Gastone Breccia ha parlato di una Russia "politicamente finita" in caso di attacco nucleare. "Putin potrebbe essere spinto a sferrare un disperato attacco nucleare solo se il suo esercito fosse all’angolo questo può verificarsi nel caso l’Ucraina metta in atto un’offensiva di successo sfondando le linee russe. Ecco che a quel punto l’unica possibilità moscovita sarebbe l’arma di distruzione di massa. Credo, però, che l’Occidente e la Nato non avrebbero la necessità di rispondere: sarebbe sufficiente una controffensiva convenzionale, perché a quel punto la Russia politicamente sarebbe finita", afferma Breccia.
Anche perché Mosca perderebbe, in caso di attacco atomico, la vicinanza della Cina. Pechino nel suo piano di pace di 12 punti, ha parlato dell'uso di ordigni nucleari come di un'eventualità da scongiurare e condannare in ogni caso. Una linea invalicabile quindi, di cui il Cremlino deve tener conto.
In poche parole, anche se Putin dovesse scegliere l'opzione nucleare, non è detto si arrivi allo scenario simulato da Sgs.
In Ucraina, basterebbe il ricorso al cosiddetto "nucleare tattico" (ossia armi atomiche capaci di generare disastri in specifici punti circoscritti) per rendere il Cremlino ancora più isolato. Politicamente quindi l'uso di armi non convenzionali non conviene nemmeno a chi in Ucraina potrebbe avere le proprie truppe impossibilitate a vincere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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