Truppe Usa, "no" Ue e rivolta del mondo arabo: gli effetti del piano Trump per Gaza

"Tutti lo amano", così il presidente Usa riguardo al suo piano per Gaza lanciato ieri. Ma la proposta continua a suscitare perplessità e indignazione

Truppe Usa, "no" Ue e rivolta del mondo arabo: gli effetti del piano Trump per Gaza
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Il piano per Gaza di Donald Trump, e la conseguente trasformazione della Striscia nella "riviera del Medio Oriente", sta attirando critiche bipartisan, oltre ad apparire ancora fumoso. "Tutti lo amano", così il presidente Usa riguardo al suo piano, rispondendo nello Studio Ovale a una domanda sulle reazioni suscitate nel resto del mondo. Egitto e Giordania, i Paesi che secondo il presidente americano sarebbero i più idonei per la ricollocazione dei palestinesi, hanno già espresso il loro parere negativo, e critiche sono arrivate da tutto il mondo. "Ogni spostamento forzato di persone equivale a una pulizia etnica", ha detto il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

Le precisazioni da Washington, i Paesi arabi in difficoltà

Ma ben presto arriva anche una sorta di errata corrige: "Donald Trump non si è impegnato per 'boots on the ground' a Gaza, sta negoziando con i partner della regione per la ricostruzione" della Striscia, ha riferito la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, precisando che "i contribuenti americani non finanzieranno la ricostruzione di Gaza". Corre ai ripari anche il segretario di Stato americano Marco Rubio, che ha spiegato la proposta del presidente, che "non è ostile", per spostare 1,5 milioni di palestinesi fuori dalla Striscia e per farli ospitare n ei Paesi vicini. "Era intesa, credo, come una mossa molto generosa: l'offerta di ricostruire e di essere responsabili della ricostruzione", ha detto Rubio ai giornalisti in visita in Guatemala.

La proposta, ora mette in grave difficoltà le principali potenze dell'area. Per decenni, la questione se e come i palestinesi avrebbero potuto costruire uno Stato nella loro patria è stata al centro della politica mediorientale, soprattutto per gli arabi della regione, molti dei quali considerano la causa palestinese alla stregua della propria. Costringere i palestinesi ad abbandonare il territorio rimasto loro rimanente significherebbe non solo condannare lo Stato palestinese, ma destabilizzare l'intera regione: e questo non è nelle intenzioni di nessun Paese arabo.

Il mondo arabo contro il "piano Trump"

A ribellarsi alla proposta, oltre ai gazawi, innanzitutto il mondo arabo: "Non è questo il momento di discutere ipotesi" relative al trasferimento dei palestinesi dalla Striscia di Gaza, "è troppo presto, non sappiamo come finirà la guerra", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar Majed Al-Ansari a Fox News. "Per i palestinesi il trauma del trasferimento è troppo forte", ha affermato il rappresentante del Qatar, che ha svolto un ruolo chiave nella mediazione dell'accordo tra Hamas e Israele. Nel corso dell'intervista Al-Ansari ha anche affermato che il Qatar è pronto a mediare tra l'Amministrazione Trump e l'Iran per la stabilità dell'intera regione. "Abbiamo lavorato con Trump anche durante la sua prima amministrazione, per ottenere un accordo con gli iraniani. E pensiamo che sia un ruolo che possiamo svolgere anche ora, siamo in grado di farlo", afferma Al-Ansari. Quel "troppo presto", tuttavia, è stato percepito negli Usa come in Medio oriente, come un'apertura e non come un no categorico.

Pronti già alla guerra gli Houthi: "Lo Yemen è pronto a schierarsi con tutte le sue forze al fianco dell'Egitto o della Giordania, se uno dei due paesi decidesse di sfidare gli Stati Uniti", è stata la prima reazione dei ribelli filoiraniani, in una dichiarazione attraverso i social media dell'esponente dell'ufficio politico, Mohammed Al-Bukhaiti, alla proposta del presidente americano. Al-Bukhaiti ha affermato che il supporto ai due paesi sarà "nella massima misura e senza linee rosse. L'arroganza americana non escluderà nessuno finché continua lo stato di sottomissione dei paesi arabi".

Il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi hanno avuto un colloquio telefonico durante il quale - riferisce l'Eliseo - i due hanno affermato che "qualsiasi sfollamento forzato della popolazione palestinese da Gaza e Cisgiordania sarebbe inaccettabile". "Ciò costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale, un ostacolo alla soluzione dei due Stati e un importante fattore di destabilizzazione per Egitto e Giordania", aggiunge la nota.

La risposta dell'Ue e dell'Italia sul piano per Gaza

Levata di scudi anche da parte dell'Unione Europea: Bruxelles ribadisce che la Striscia di Gaza "è parte integrante di un futuro Stato palestinese". Così un portavoce dell'Ue all'Afp, dopo la proposta del presidente americano. "Noi abbiamo preso nota delle dichiarazioni del presidente Trump - ha detto il portavoce - L'Ue resta pienamente impegnata a favore di una soluzione a due Stati, che secondo noi è l'unica vera strada verso una pace duratura per gli israeliani e i palestinesi".

"La posizione dell'Italia è quella dei due popoli due Stati. Vogliamo uno Stato palestinese che sia riconosciuto da Israele e che riconosca a sua volta Israele", detto il vicepremier Antonio Tajani al Tg4 a proposito della proposta di Trump su Gaza: "Mi pare che la proposta di Trump non sia stata accolta dagli egiziani e dai giordani ed anche Israele ha detto che serve il consenso dei palestinesi", ha ricordato Tajani, aggiungendo che comunque "ci sarà un fase di transizione", e che l'Italia fornirà il sostegno necessario, anche con un contributo ad una eventuale missione internazionale di pace.

Nel frattempo il titolare della Farnesina ha ricordato che domani sarà in Israele per la cerimonia di accoglienza del carico di aiuti donati dall'Italia al Programma Alimentare Mondiale e di beni destinati alla Striscia nel quadro dell'iniziativa "Food for Gaza".

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