La prima notizia (che confonde) è che il colosso francese Pernod Ricard, specializzato nella produzione e distribuzione di alcolici, esporti “la marca più venduta al mondo di vodka” verso la Russia.
Ma come? La Russia importa la vodka?
La seconda è che la produttrice di questa vodka sia la Svezia.
E la terza è che la Svezia, insieme alla Finlandia abbiano scatenato una tempesta accusando l’azienda francese di infrangere le regole dell’embargo vigente contro la Russia, minacciando di boicottare i prodotti stessi oggetto di esportazioni e anche gli altri a capo dell’azienda.
La quarta è che l’Irlanda si sia unita nella protesta, fomentata anche dall’ambasciatore ucraino che chiedeva di fermare l’esportazione del whiskey irlandese Jameson verso il territorio nemico.
La quinta è che, sull’onda, anche un deputato in Inghilterra, si sia unito alla medesima protesta definendo “una vergogna” che il gin inglese Beefeater fosse distribuito in Russia.
Più di un grattacapo per Pernod Ricard dato che rappresenta la maggior parte dei brand più noti.
Ma la storia non finisce qui perché il colosso francese non ci sta.
E si difende.
Ribadendo in primis, sul suo sito, la sua posizione pro Ucraina per fugare i dubbi di chi le punta il dito contro ma soprattutto la conformità del suo modus operandi rispetto alle regole. Puntualizzando che altre società ,come lei, continuano, seppur in maniera ridotta (meno il 96% dall’inizio della guerra), a distribuire alcool nel paese.
E Ricordando che la Società sente in primis degli obblighi verso i 300 dipendenti (e le loro famiglie) che operano nella succursale russa, che vuole proteggere dalla bancarotta , ribadendo che le stesse attenzioni siano state rivolte agli omologhi lavoratori ucraini ai quali è anche stato offerto supporto psicologico e un nuovo posto di lavoro altrove per chi l’avesse richiesto.
Ma poi Pernod Ricard capitola e per un po’ decide di sospendere tutte le esportazioni verso la Russia perché la minaccia di boicottaggio globale fa più paura e mette a repentaglio i clienti tutti e dipendenti nel mondo intero.
Fermo poi ritornare sui passi iniziali e confermare solo la sospensione delle esportazioni di vodka come riporta Le Figaro il 27 di aprile.
Sempre nel rispetto delle restrizioni internazionali imposte.
Perché c’è embargo ed embargo.
E mentre quello voluto ed adottato dagli Stati Uniti verso la Russia è severissimo e totale,
quello della Comunità Europea è più articolato e ha maglie più larghe.
Ponendo in sostanza un veto sull’esportazione di bevande che superino la soglia dei 300 euro per unità di puro alcool, circa 90 euro per una bottiglia da 75 cl.Studiato appositamente per colpire il consumo di prodotti più prestigiosi riservati ad un pubblico abbiente ed esigente come gli oligarchi vicini a Putin.
Sistema adottato anche dagli inglesi, con un limite di 250 sterline (circa 280 euro) per unità.
A riprova che l’esportazione di vodka, gin, whiskey e altre bottiglie sotto i 90 euro è consentita e non infrange le regole.
E poi Pernod Ricard mette le mani avanti, anzi le alza proprio quando riconosce che esistono dei meccanismi perversi cresciuti all’ombra dell’embargo che sono fuori
dal suo controllo che alimentano un mercato parallelo di tutti i prodotti, anche quelli vietati dall’embargo imposto, presenti on line e nei negozi. Compresa la vodka che hanno eliminato ma che trova altre vie per entrare.
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