A livello interno, l'Iran è da anni che si prepara al duello. Un duello solo parzialmente smorzato dopo gli accordi, siglati con Ue e Usa nel 2016, sul nucleare. Poi, con l'avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, Washington non si è più fidata. Anzi, le mosse di Teheran sono state viste come un ulteriore passo per la sfida della Repubblica Islamica a Israele e all'Occidente. Da qui il raid con cui, nel gennaio 2020, gli Usa a Baghdad hanno ucciso il generale Soleimani. L'architetto cioè della cosiddetta "mezzaluna sciita", una serie di alleanze tra movimenti e governi sciiti capaci di proiettare l'influenza iraniana dal Golfo al Mediterraneo. Un obiettivo perseguito ancora oggi da Teheran.
Non solo Hezbollah e Hamas
Negli ultimi giorni, subito dopo l'attacco di Hamas contro Israele, gli occhi sono stati puntati su Gaza e sul Libano. Non è un mistero infatti che l'Iran nel corso degli anni abbia finanziato lautamente il movimento islamista. Così come, guardando al Paese dei cedri, sono ben noti i legami con gli Hezbollah.
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Questi ultimi sono forse la longa manus principale di Teheran nella regione. I militanti del "partito di Dio" sono infatti sciiti, a differenza di Hamas e di altri gruppi presenti a Gaza come la Jihad Islamica. Inoltre, gli Hezbollah sono ben armati e hanno accumulato molti anni di esperienza sia nella guerriglia che nella guerra vera e propria. Proprio 40 anni fa, in un attentato compiuto contro il contingente francese in Libano, gli sciiti libanesi hanno inaugurato la triste stagione degli attentati kamikaze.
Ma nei decenni successivi, gli Hezbollah hanno ingaggiato battaglie aperte contro gli israeliani, come in occasione della guerra del 2006. Inoltre, i miliziani sciiti libanesi sono stati impegnati per diverso tempo in Siria a sostegno del presidente Bashar Al Assad. E qui hanno mostrato di aver maturato importanti tecniche belliche e militari. Proprio la Siria rappresenta un fronte da tener d'occhio. L'Iran, assieme alla Russia, è il principale alleato del governo di Damasco. Del resto, anche Assad è sciita seppur appartenente al ramo alawita.
Nel territorio siriano l'Iran non ha agito e non sta agendo solo con gli Hezbollah, bensì anche direttamente con propri militari. A Damasco, così come ad Aleppo, i soldati di Teheran hanno spostato materiale bellico e missili. Il sospetto di Israele è che si tratti di materiale non destinato ad Assad, ma contro il territorio dello Stato ebraico. Per questo da anni, con la tacita benedizione russa, l'aviazione israeliana è impegnata in frequenti raid contro depositi iraniani ubicati in Siria.
Hamas ed Hezbollah dunque, non sono gli unici bracci operativi dell'Iran nella regione. Teheran, in caso di escalation, potrebbe colpire dalla Siria e ha forti influenze in tal senso sul governo di Assad. Ad est della Siria c'è poi l'Iraq, Paese a maggioranza sciita e retto da coalizioni di governo filo sciite. Per la verità, non tutti i partiti sciiti iracheni appaiono oggi vicini a Teheran. Moqtad Al Sadr, influente personaggio sciita a capo di una delle liste più votate in parlamento, ha da anni voltato le spalle agli iraniani. Tuttavia, ci sono diverse milizie armate dalla Repubblica Islamica negli anni della guerra all'Isis. Milizie ancora oggi ben presenti e capaci, come accaduto pochi giorni fa, di prendere di mira le basi Usa in Iraq.
Occhi puntati sullo Yemen
C'è poi un fronte solo apparentemente più lontano. Si tratta di quello yemenita. Qui operano gli Huoti, miliziani sciiti della corrente dello zaydismo che dal 2014 controllano la capitale Sana'a. L'Iran li appoggia e li finanzia: per anni il gruppo è servito come spina nel fianco contro i sauditi, i quali nel 2015 si erano lanciati in una campagna (in gran parte fallimentare) contro gli Houti.
I miliziani zaydisti hanno maturato esperienza contro i Saud e oggi potrebbero entrare in gioco. Già pochi giorni fa un loro missile è stato intercettato da una nave Usa nel Mar Rosso. Ciò che però fa più paura riguarda la possibilità che gli Huoti possano avere un ruolo importante per bloccare eventualmente le rotte dal Mar Rosso verso il canale di Suez.
Vicino alle zone da loro controllate, c'è infatti lo stretto di Bāb el-Mandeb, ossia il punto in cui l'oceano Indiano si incontra con il Mar Rosso. Un missile in questa zona, su commissione di Teheran, potrebbe mettere in crisi l'intera regione e non solo.
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