Sono noti con l'appellativo di Houthi, ma in realtà il nome corrisponde semplicemente a quello della famiglia che ha fondato il movimento. La vera denominazione del gruppo, radicato nel nord dello Yemen e che dal 2014 ha il pieno controllo della capitale Sana'a, è quella di Ansarullah. Ossia "partigiani di Dio". L'influenza della famiglia fondatrice del gruppo è evidente soprattutto nel nome, anche se ad oggi è impossibile tracciare una vera e propria gerarchia verticale in seno al movimento.
Ad ogni modo, oggi si è tornati a parlare degli Houthi per via del loro possibile coinvolgimento nella guerra tra Israele e Hamas. Un loro razzo è stato infatti lanciato dallo Yemen e intercettato da una nave Usa nel Mar Rosso. Altri 26 ne sono stati lanciati dal mese di ottobre fino a gennaio. E non c'è certo da stupirsi: è proprio lanciando i missili che gli Houthi hanno tenuto sotto pressione l'Arabia Saudita negli anni di confronto con Riad. Oggi che con i sauditi è in corso una tregua, il movimento filo sciita ha nel mirino Israele. Sotto suggerimento, molto probabilmente, degli alleati iraniani. Alleati quasi "naturali": gli Houthi infatti rappresentano il gruppo di riferimento di gran parte degli sciiti yemeniti.
La fondazione degli Houthi
C'è uno strano filo conduttore che, nel lancio di missili delle scorse ore, unisce il gruppo yemenita con l'Iraq di Saddam Hussein. Con il rais che, per la verità, per anni ha rappresentato il principale nemico dell'Iran e quindi dell'attuale sponsor degli Houthi. L'ex presidente iracheno era infatti amico dell'ex presidente yemenita Saleh, tanto da girargli negli anni Novanta molti degli scud presenti nei propri arsenali. Saleh, a sua volta, quando nell'ambito della guerra civile nello Yemen si è alleato con gli Houthi, ha messo a disposizione i missili iracheni e la Guardia Presidenziale. Ed è grazie a questo che il movimento sciita oggi ha potuto sviluppare, specialmente negli ultimi cinque anni, un proprio programma missilistico.
La storia degli Houthi però è iniziata in una posizione di netta contrapposizione a Saleh, rais yemenita dal 1979 al 2011. A fondare il movimento nei primi anni Novanta è stato Husayn al Houthi. Ancora oggi è possibile riferirsi a lui come il leader più carismatico avuto dal gruppo. Il suo obiettivo è stato quello di convogliare tribù e famiglie storicamente sciite all'interno di Ansarullah. E questo anche se la corrente sciita a cui apparteneva è stata spesso considerata, nel corso della storia, ai limiti dell'eresia.
Gli Houthi infatti fanno parte del cosiddetto zaydismo, termine che deriva da Zayd, figlio del quarto imam sciita Zayn al-Abidin e autore della rivolta di Kufa del 740 d.C. La corrente dello zaydismo è diffusa soprattutto nello Yemen e gli Houthi sono riusciti in qualche modo a diventarne il perno politico. Anche per questo il movimento è entrato subito in contrasto con le autorità di Sana'a. Tanto che lo stesso Husayan al Houthi è stato ucciso dalle forze yemenite nel settembre del 2004. Tra il governo di Saleh e Ansarullah una tregua è stata stabilita soltanto nel 2010.
La guerra contro i sauditi
Gli Houti sono noti però soprattutto per il conflitto contro i sauditi. Un conflitto nato a sua volta dalla guerra civile yemenita sorta dopo la primavera araba del 2011 e la conseguente defenestrazione di Saleh. Il caos nato nel Paese arabo ha permesso agli Houthi di guadagnare terreno nelle proprie roccaforti, fino a conquistare la capitale Sana'a sul finire del 2014. È in questo frangente che si assiste all'alleanza con l'ex presidente Saleh.
Nel frattempo però, il gruppo ha ottenuto anche l'appoggio dell'Iran. La Repubblica Islamica con Ansarullah ha fiutato la ghiotta occasione di portare nello Yemen la sfida agli storici nemici regionali sauditi. Per questo Riad nel marzo del 2015 ha deciso di attaccare Sana'a, sia con la propria aviazione che con una coalizione formata da altri Paesi sunniti dell'area, ad eccezione del Qatar. L'intervento però non ha sortito gli effetti auspicati dai Saud. La migliore conoscenza del territorio ha consentito agli Houthi di resistere all'attacco saudita. Non solo, ma il movimento sciita ha iniziato a lanciare gli scud girati da Saleh verso le piattaforme petrolifere saudite e verso le principali città del Paese confinante.
Oggi, dopo gli accordi tra Iran e Arabia Saudita siglati sotto l'egida cinese nei mesi scorsi, il conflitto è stato congelato. Ma le tensioni rimangono e, soprattutto, gli Houthi appaiono attori sempre più protagonisti nel frastagliato mosaico politico del medio oriente.
Il sostegno dell'Iran
Ci sono pochi dubbi sul fatto che Teheran immagini gli Houthi come uno dei tanti gruppi stanziati in medio oriente da usare contro Israele e Stati Uniti. Del resto, la citazione "morte all'America e morte a Israele" campeggia tra gli stendardi adottati da Ansarullah già al momento della sua fondazione. Forse, considerando le non poche differenze ideologiche, è riduttivo parlare degli Houthi come degli "Hezbollah dello Yemen". Di certo però, il loro ruolo è speculare agli interessi dell'Iran.
Il caos nel Mar Rosso e l'intervento di Usa e Regno Unito
Gli Houthi sono tornati alla ribalta internazionale dopo lo scoppio della guerra nella Striscia di Gaza tra Israele e Hamas. Il movimento, ufficialmente per solidarizzare con i combattenti palestinesi, ha deciso di attaccare tutte le navi ricollegabili a società israeliane e occidentali transitanti nello stretto di Bab El Mandeb. La striscia di mare cioè che divide l'Oceano Indiano dal Mar Rosso, da cui transita una significativa percentuale delle navi commerciali dirette verso il Canale di Suez e quindi il Mar Mediterraneo.
Le minacce si sono immediatamente trasformate in realtà: il Centcom, il comando centrale Usa, ha calcolato almeno 27 attacchi contro navi e obiettivi commerciali tra l'ottobre del 2023 e il 12 gennaio 2024. Missili e droni sono i mezzi maggiormente usati dagli Houthi per mettere sotto pressione la navigazione marittima attorno lo Yemen.
Nella notte tra l'11 e il 12 gennaio, una
coalizione guidata da Usa e Gran Bretagna ha sferrato un primo attacco contro le basi del gruppo nel nord dello Yemen. Almeno 60 obiettivi sono stati colpiti in 16 diverse località, tra cui la capitale Sana'a. Un raid che, secondo diversi analisti, potrebbe anche portare a un'esclation regionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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