L'ombra di una reazione dell'Iran, la necessità di riorganizzare le proprie difese, la gestione delle operazioni militari nella Striscia di Gaza. Sono ore cruciali per Israele, alle prese con un doppio fronte infuocato: il conflitto, ancora in corso, contro Hamas da un lato, e il rischio, ipotetico, di un'escalation con Teheran dall'altro. Non è un caso che Tel Aviv si stia muovendo tenendo in considerazione qualsiasi scenario. Anche il peggiore. Consistente in un "braccio di ferro" contemporaneo con il gruppo filo palestinese e gli iraniani.
La mossa di Israele
L'evento più rilevante dell'ultim'ora coincide con la decisione da parte delle Forze di difesa israeliane (Idf) di ritirare tutte le truppe che avanzavano a sud della Striscia di Gaza. Nello specifico, la 98esima divisione, composta da tre brigate, ha lasciato l'area dopo quattro mesi di operazioni. Pare, invece, che la Brigata Nahal rimarrà sul campo come forza stazionaria.
Il quotidiano The Times of Israel ha fatto presente che, adesso, resterà attiva in loco soltanto la citata Brigata Nahal, con il compito di mettere in sicurezza il cosiddetto Corridoio Netzarim, che attraversa Gaza dall'area di Be'eri, nel sud di Israele, fino alla costa della Striscia. Il corridoio in questione consente all’Idf di effettuare raid nel nord e nel centro di Gaza, impedisce ai palestinesi di tornare nella parte settentrionale della Striscia e consente alle organizzazioni umanitarie di fornire aiuti direttamente nel nord della medesima Striscia.
Non sono stati forniti dettagli in merito al ritiro delle Idf dall'area citata. Non è da escludere che Tel Aviv possa aver alleggerito la propria presenza nella Striscia per rafforzare le difese in vista di un attacco da parte di Teheran. Secondo altri media, invece, il ritiro consentirebbe alle Idf di concentrarsi maggiormente sui raid basati sull'intelligence, ma anche di trasferire e riorganizzare le truppe per un'imminente invasione della città di Rafah. C'è anche chi ipotizza che il cambio di passo israeliano possa esser dovuto a ipotetici progressi nelle sedi negoziali.
Aspettando Teheran
Certo è che il ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant, ha detto che il Paese ha "completato i preparativi per una risposta contro qualsiasi scenario che si svilupperebbe contro l'Iran". Gallant ha parlato nel corso di un briefing con i vertici militari israeliani, alla presenza, tra gli altri, del responsabile delle operazioni dell'esercito, generale Oded Basiuk, e del capo della Direzione dell'intelligence militare, generale Aharon Haliva.
"Il sistema di difesa ha terminato i preparativi per una risposta contro qualsiasi scenario che possa svilupparsi con l'Iran", ha ribadito il ministro. Indipendentemente che il ritiro di una parte consistente delle truppe dalla Striscia, dunque, Israele non intende farsi cogliere alla sprovvista da Teheran.
Nelle ultime ore gli Stati Uniti hanno detto di aspettarsi un "significativo" attacco entro la prossima settimana da parte dell'Iran, con bersaglio Israele o asset americani nella regione, in risposta all'attacco israeliano a Damasco in cui sono morti importanti ufficiali iraniani. Washington ritiene che l'attacco da parte dell'Iran sia "inevitabile", una visione condivisa da Israele. I due governi stanno dunque lavorando in vista dell'attacco.
Nel frattempo l'Iran ha lanciato un altro chiaro messaggio all'indirizzo di Israele. "Nessuna delle ambasciate del regime sionista è più al sicuro", ha dichiarato Seyyed Yahya Safavi, consigliere della Guida Suprema dell'Iran, Ali Khamenei, minacciando nuovamente Tel Aviv di ritorsioni.
"Il fronte della resistenza determinerà il destino di questa regione sotto la guida dell'Iran", ha aggiunto il consigliere di Khamenei, secondo quanto riporta l'agenzia Tasnim. "Ovviamente - ha sottolineato - tutti i crimini che accadono nella regione si stanno verificando con il sostegno dell'America e nel silenzio di alcuni Paesi arabi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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