Scorte missilistiche e contrattacco d'Israele: cosa c'è dietro l'attacco (fallito) dell'Iran

L'Iran ha deciso di colpire come ad aprile, ma con maggiore intensità anche se in modo calibrare per provare a gestire l'escalation, ma ora deve capire come reagirà Israele

Scorte missilistiche e contrattacco d'Israele: cosa c'è dietro l'attacco (fallito) dell'Iran
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L'Iran doveva reagire. La Guida Suprema, Ali Khamenei, l'ayatollah che in poco tempo ha perso Ismail Hanieyh, Ebraihm Raisi e Hassan Nasrallah, non poteva perdere altro tempo. Se ad aprile aveva ordinato il lancio di missili contro Israele per l'attacco al consolato iraniano a Damasco, quello che aveva ucciso alcuni Guardiani della Rivoluzione tra cui il generale Mohamma Reza Zahedi, a maggior ragione adesso non poteva tirarsi indietro. In poche settimane, le Israel defense forces e il Mossad hanno messo a nudo tutte le fragilità dell'Iran e del suo Asse della Resistenza. E Khamenei doveva rendere conto sia ai Pasdaran che a tutte le milizie terrorizzate ma anche in cerca di vendetta.

Il lancio di missili era la soluzione attesa da tutti, in particolare dagli Stati Uniti, che non a caso poche ore prima dell'attacco avevano annunciato che questa mossa era ormai imminente. Ma anche nella "furia" della vendetta, la decisione di Khamenei e dei suoi consiglieri militari è stata studiata a tavolino e in ogni dettaglio. Perché l'Iran sapeva di dovere inviare un segnale, ma sapeva anche perfettamente di dovere rimanere all'interno di alcune linee rosse che dovrebbero evitare un'escalation dai contorni oscuri, in particolare per la capacità di Israele di rispondere.

Un rischio calcolato. E probabilmente l'Iran non avrebbe potuto fare diversamente. La salva di missili balistici è stata comunque pericolosa, al punto che Israele ha dovuto fare necessariamente leva sull'intervento di Stati Uniti e Regno Unito, che ieri sono intervenuti con navi e aerei per fermare l'attacco di Teheran. A conferma che non si è trattato di un semplice "show di forza" privo di potenziali conseguenze. Il regime ha voluto dare sfoggio anche di alcuni suoi "gioielli". La televisione di Stato iraniana e l'agenzia di stampa Tasnim hanno spiegato che l'esercito ha lanciato per la prima volta i missili ipersonici Fattah. E decine di razzi sono stati diretti contro il quartier generale del Mossad, anche se a detta dei media israeliani nessuno è riuscito a centrare l'obiettivo.

Ma Teheran, vuoi per non disperdere il suo arsenale missilistico, vuoi per evitare una rappresaglia ancora più dura dello Stato ebraico, potrebbe avere scelto una mossa in grado di placare la frustrazione delle milizie e dei Pasdaran ma allo stesso tempo evitare che Washington possa dare a Benjamin Netanyahu a una reazione su vasta scala.

Quanto questo sia possibile, però resta un punto interrogativo. Il premier israeliano in questi mesi ha mostrato una certa autonomia rispetto a Joe Biden (oltretutto impegnato con Kamala Harris nella campagna elettorale), se non a volte una vera e propria volontà di muoversi in direzione opposta a quella richiesta dalla Casa Bianca. Inoltre, con l'arsenale di Hamas e di Hezbollah significativamente ridotto dagli attacchi di questi mesi (specialmente in Libano), Netanyahu si sente più sicuro che anche una controreazione iraniana non sarebbe così devastante. Un punto interrogativo che preoccupa gli iraniani, e che ora sanno che non possono che attendere.

La risposta al loro attacco arriverà, ne sono consapevoli. La Repubblica islamica ha dimostrato di potere colpire lo Stato ebraico con un arsenale pericoloso. Ma il livello dell'escalation ora lo deciderà la prossima mossa di Israele.

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