La missione Potok e l'inferno nel gasdotto: la verità dietro il massacro dei soldati russi a Kursk

Centinaia di soldati di Mosca hanno partecipato all'Operazione Potok, descritta in patria con toni eroici. I medici russi e l'esercito ucraino, però, raccontano una storia diversa

La missione Potok e l'inferno nel gasdotto: la verità dietro il massacro dei soldati russi a Kursk
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“Sono sbucati come demoni, neri, sporchi ed esausti”. Così un soldato russo ha descritto al Telegraph l’azione compiuta da quelle che lui ha definito come “forze d’élite” dell’esercito di Mosca che, a inizio marzo, hanno strisciato per due giorni in un gasdotto vicino Sudzha, percorrendo 14 chilometri nella completa oscurità e comparendo alle spalle delle difese ucraine, spazzandole vie in un’azione straordinaria e assicurando la vittoria di Mosca nel Kursk. O almeno, questo è ciò che racconta la propaganda del Cremlino.

Gli uomini che hanno partecipato all’Operazione Potok sono stati elogiati come degli eroi in patria. “Fate esplodere le vostre tubature per paura…arriveremo da voi da sottoterra”, recita una canzone scritta per onorare la missione e cantata davanti ad una chiesa in Russia, dove è stata esposta anche una replica del gasdotto di oltre 15 metri. La realtà sia di quanto è accaduto nella completa oscurità di quello stretto tunnel, sia degli effettivi risultati dell’operazione, è però ben diversa.

Secondo quanto riferito dalle forze armate ucraine, l’azione delle truppe di Mosca si è trasformata in un massacro e coloro che ne hanno preso parte sono state vittime di una pianificazione militare carente. Fonti russe parlano di 600-800 soldati entrati nel gasdotto e, stando alle dichiarazioni del comando ucraino, ne sono usciti solo 100. In più, coloro che sono riusciti ad arrivare a destinazione sono stati individuati per tempo dai droni ucraini e sono stati accolti da attacchi missilistici e di artiglieria, in una contro-imboscata accuratamente pianificata. “Al momento giusto abbiamo bloccato l’uscita, impedendo qualunque tentativo di fuga. Il gruppo è stato annientato”, ha riferito al Telegrah un ufficiale di Kiev, aggiungendo che nelle comunicazioni via radio i russi si sono lamentati di essere stati gettati verso “una morte certa”.

La maggior parte delle vittime, però, pare non sia stata causata allo scontro con le truppe ucraine. Stando a quanto riferito, molto soldati sarebbero morti soffocati a causa della presenza nel condotto di fumi tossici e tra i sopravvissuti sono stati riscontrati numerosi casi di gravi ustioni chimiche ai polmoni. “È la prima volta che abbiamo visto una cosa del genere”, ha commentato un medico militare. Un soldato, Vadim, ha spiegato che si sono moltiplicati rapidamente i casi di polmonite ed insufficienza respiratoria.

Decine, o forse centinaia di morti e feriti, dunque, in un’operazione che pare non abbia avuto conseguenze effettive sul campo di battaglia. Le forze ucraine, infatti, si stavano già ritirando dalla regione di Kursk dopo mesi di combattimenti per evitare di essere accerchiati dalla manovra a tenaglia messa in atto dalle truppe russe con il supporto degli alleati nordcoreani.

“Era una storia biblica, quella dei soldati russi che uscivano dal sottosuolo per salvare la patria”, ha commentato la giornalista indipendente Ksenia Luchenko su Telegram. “Alla fine era solo una piccola trama, un mito per eroicizzare l’esercito russo”.

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