La Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, potrebbe aver lanciato un amo a Washington. Potrebbe. Il leader della Repubblica islamica ha dichiarato di non aver chiuso la porta all'ipotesi di riprendere i negoziati con gli Stati Uniti sul programma nucleare, interrotti durante l'amministrazione Trump. A suo dire non esiste "alcuna barriera" che impedisce un impegno con il "nemico".
Ma, attenzione, questa non è una mano tesa. Nel corso di un meeting con il neo presidente Masoud Pezeshkian, Khamenei ha rinnovato il suo monito a "non fidarsi" dell'America. "Non dobbiamo riporre le nostre speranze nel nemico. Per i nostri piani, non dovremmo aspettare l'approvazione dei nemici", ha affermato in un video trasmesso dai media statali. La politica estera è uno dei dossier che la Suprema Guida avoca a sè, sebbene non è ancora chiaro che margine di libertà avrà Pezeshkian,che l'Occidente- con un grande sforzo di fiducia-continua a indicare come "riformista".
Sulla riapertura del dialogo non può non pesare l'attuale situazione in Medio Oriente che, assieme a tutti i suoi corollari, pende come un macigno sulle relazioni tra Washington e Teheran nell'era post-Jcpoa. Di buono, oltre al piccolo spiraglio dipinto da Khamenei, ci sono i proclama da campagna elettorale di Pezeshkian, quest'ultimo ha fatto campagna elettorale-in parte-con la promessa di riavvicinare l'Occidente ai negoziati. Le dichiarazioni di Khamenei potrebbero essere l'"autorizzazione" politica a procedere.
Anche dall'entourage di Pezeshkian giungono alcuni segnali positivi: il nuovo ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, è stato coinvolto nei negoziati dell'accordo del 2015. Si tratta di un veterano, avvezzo al dialogo con l'Occidente: negli ultimi giorni sembra non essersi fermato mai. Secondo i media iraniani, ha discusso con gli omologhi di Qatar, Kuwait, Oman, Siria e Libano, ma anche Egitto, Arabia Saudita e Turchia, ed è stato impegnato pure con i colleghi di Italia, Francia, Regno Unito e Germania. Protagonista in prima linea della costruzione di un vicinato su cui prevalere, ma anche di un'importante tela da tessere con l'Occidente: "Nelle consultazioni che ho avuto con i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito, è stata sollevata la questione dell'atto terroristico" di Israele e la "risposta" della Repubblica islamica all'assassinio a Teheran di Haniyeh sarà "precisa" e "calcolata", ha affermato Araqchi tre giorni fa in dichiarazioni riportate dall'agenzia iraniana Mehr. Un concetto che il ministro ha detto di aver ribadito anche al titolare della Farnesina, Antonio Tajani, che gli ha chiesto di "favorire la de-escalation in Libano e nel Mar Rosso per ridurre le tensioni e per agevolare i colloqui del Cairo".
All'incontro di oggi tra Khamenei e il Gabinetto di Pezeshkian, invece, ha partecipato anche l'ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, che coadiuvò l'Iran a raggiungere l'accordo di quasi dieci anni fa.
Senza poi dimenticare che negli ultimi anni ci sono stati colloqui indiretti fra l'Iran e gli Stati Uniti, mediati da Oman e Qatar, oggi in prima linea in Medio Oriente. Proprio ieri a Teheran, invece, hanno fatto tappa il premier e ministro degli Esteri del Qatar. Segnali, flebili. Preferibili al frakianstuono dei razzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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