L'orologio dell'Apocalisse è più vicino che mai alla mezzanotte. Il cronometro ideato da un gruppo di scienziati per misurare le criticità globali che mettono a rischio la sopravvivenza dell'umanità non è mai stato così allarmante. Il Bulletin of Atomic Scientists, organo ufficiale del gruppo, spiega che la causa di tale scatto in avanti è soprattutto la guerra ucraina. E non è un caso che la notifica avvenga dopo la decisione di inviare carri armati Nato a Kiev.
I veicoli corazzati probabilmente non basteranno per portare Kiev alla vittoria finale, ma è un passo deciso verso la terza guerra mondiale. Certo, Usa e Nato rassicurano che stanno tenendo sotto controllo il conflitto, ma, sebbene ciò serva a rassicurare l'opinione pubblica, si tratta di una scommessa ad altissimo rischio, soprattutto se, passo dopo passo, si alza il livello dello scontro.
Forse per questo sia il New York Times che il Washington Post pubblicano oggi due articoli paralleli in cui si parla di pace, parola ormai bandita dal dibattito pubblico, che con i suoi richiami costanti alle armi ricorda molto il senso dei futuristi italiani per la guerra, che contribuì a spingere l'Italia nella Prima guerra mondiale.
Sul Nyt Ross Douthat spiega così l'escalation attuale, che identifica nell'attuale l'offensiva russa a Bakhmut e nell'invio di armi Nato più potenti a Kiev: "La teoria 'dell'escalation per ridimensionare' [il conflitto] è rilevante per capire quanto sta avvenendo in Ucraina, perché sembra informare sia le strategie americane che quelle russe - convenzionali, non nucleari - in vista della campagna di primavera".
In pratica, i russi avrebbero dato vita alla loro escalation per costringere l'Ucraina e la Nato a venire a patti, dopo aver preso coscienza che una vittoria totale di Kiev non è possibile. Molto più interessante quanto scrive riguardo gli Stati Uniti: "Intensificare per vincere. Kiev vuole tutte le armi che l'Occidente può inviare, vuole reclamare ogni centimetro di territorio e non vuole accettare condizioni che concedano qualcosa agli invasori russi".
"Questo atteggiamento è condiviso da molti falchi, in Europa e in America, che continuano a progettare il trionfo dell'Ucraina e il rovesciamento di Vladimir Putin. Ma probabilmente non è condiviso dall'amministrazione Biden, o almeno non dai suoi più autorevoli esponenti".
"Certo, la posizione formale della Casa Bianca è che l'Ucraina avrà il nostro sostegno fino alla vittoria. Ma l'approccio cauto che il presidente Biden e il suo team hanno adottato nei confronti degli armamenti che potrebbero cambiare radicalmente l'equilibrio della guerra, le sollecitazioni per incoraggiare Kiev ad aprirsi ai negoziati, la preoccupazione di investire troppo [in Ucraina] a scapito dei nostri impegni asiatici - tutto ciò indica che l'obiettivo prossimo della Casa Bianca è un armistizio favorevole, non una sconfitta completa della Russia".
"Per arrivare a questa pace immaginaria, però, è necessario persuadere i russi che un vero armistizio - al contrario di un altro 'conflitto congelato', che vedrebbe la fine della guerra senza che si stabilisca formalmente la pace - è nel loro interesse, piuttosto che continuare una guerra infuocata nella quale continuerà a perdere uomini e materiale a un ritmo brutale e destabilizzante per il regime".
Il fatto che tali considerazioni siano apparse sul Nyt, giornale di riferimento dei democratici, e che esprima l'opinione dell'amministrazione Biden, sembra indicare che sia stato pubblicato proprio su sollecitazione di quest'ultima, per lanciare un messaggio ai russi dopo l'escalation creata dall'invio dei carri armati.
Biden e la sua amministrazione stanno cercando di mettere un freno ai falchi, questo il messaggio in codice, nel tentativo di evitare che Mosca reagisca con eccessiva forza e si avvii un'escalation irreversibile.
Un messaggio analogo, peraltro, è arrivato da Mosca. Se i russi, infatti, hanno denunciato l'escalation e i rischi che essa pone sul piano globale, hanno calibrato la risposta più specifica riguardante i carri armati, dichiarando che questi "bruceranno". Un modo per dire che si atterranno all'attuale livello dello scontro.
E un messaggio dello stesso tenore è stato espresso, sempre oggi, dal capo della Nato Jens Stoltenberg, il quale, dopo la decisione sui carri, ha dichiarato che non saranno inviate in ucraina truppe o aerei Nato, aggiungendo che "ciò è fuori discussione".
Ma i rischi, purtroppo, non solo sono rimasti, ma sono in crescendo, come registra l'Orologio dell'Apocalisse. Abbiamo accennato che, in parallelo con l'articolo del Nyt, anche il Washington Post ha pubblicato un articolo nel quale si respira una prospettiva di pace.
A firmarlo è David Ignatius ed è un resoconto della conferenza stampa di Tony Blinken di sabato scorso, nella quale il Segretario di Stato ha snocciolato i vari temi propagandistici sulla guerra in corso, con annesse prospettive di sicura vittoria dell'Ucraina, anche se, "nel breve", la Crimea non dovrebbe tornare a Kiev, ma andrebbe forse semplicemente smilitarizzata.
Al di là del quadro che delinea la nota, tributo obbligato alla propaganda (che stride con il più realistico e più autorevole scenario disegnato da Douthat), è interessante il fatto che Blinken abbia sottolineato che la Russia non sta usando le sue armi più pesanti, riconoscimento di un freno che getta luce nuova sul conflitto. Ma significativa è soprattutto la conclusione dell'articolo, che riportiamo.
"Questa coesione [tra Usa e Ue]] diventerà più importante man mano che la guerra in Ucraina avanza verso un Endgame. Quest'anno, l'Ucraina e i suoi alleati continueranno a combattere per espellere gli invasori russi. Ma come negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, è già iniziata la pianificazione per l'ordine del dopoguerra e la costruzione di un sistema di alleanze militari e politiche in grado di ripristinare e mantenere la pace che la Russia ha infranto".
Al netto, della propaganda, è interessante annotare che i due più autorevoli media Usa parlano all'unisono di una prospettiva di pace. Segno che nell'establishment Usa, come annota Douthat, il conflitto tra falchi e falchetti non ha ancora un vincitore.
Nel frattempo prosegue la mattanza, che l'invio di carri armati
renderà solo più cruenta. Sul punto, ci permettiamo di riportare un significativo titolo di Israel Ayom: "I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi". In passato non ha portato fortuna al mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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