"Ora la chiudiamo". La mossa di Israele contro Al Jazeera

La nuova legge conferisce al governo poteri temporanei per bloccare i media stranieri. L'emittente qatariota nel mirino di Tel Aviv con l'accusa di diffondere la propaganda di Hamas

"Ora la chiudiamo". La mossa di Israele contro Al Jazeera
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Nuova stretta del governo israeliano nei confronti dei "microfoni arabi": la cosiddetta legge Al Jazeera, che conferisce al governo poteri temporanei per impedire ai media stranieri di operare in Israele se si ritiene che stiano danneggiando la sicurezza nazionale, è stata approvata in seconda e terza lettura dalla Knesset con 71 voti favorevoli e 10 contrari.

Cosa dice la "legge Al Jazeera"

Plaude al provvedimento il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi che ha dichirato che: "Non ci sarà libertà di parola per i portavoce di Hamas in Israele. Al Jazeera sarà chiusa nei prossimi giorni". La legge autorizza il ministro delle Comunicazioni a ordinare ai "fornitori di contenuti" di terminare le trasmissioni dal canale oggetto di provvedimento oltra alla chiusura degli uffici israeliani dell'emittente, la confisca delle attrezzature, l'oscuramento del sito web.

Tuttavia, si tratta di un provvedimento che ha durata temporanea: le misure saranno infatti valide per 45 giorni, ma potranno essere rinnovate per ulteriori periodi di 45 giorni. Secondo i termini del disegno di legge, un ordine di chiusura deve essere presentato entro 24 ore per la revisione giudiziaria da parte del presidente di un tribunale distrettuale, che deve decidere entro tre giorni se desidera modificare o abbreviare il periodo della misura restrittiva. Il provvedimento era stato approvato in prima lettura dalla Knesset a febbraio, per poi essere confermato in seconda e terza lettura dopo un lungo dibattito presso il Comitato per la sicurezza nazionale. Karhi, che appartiene ai falchi del Likud, ritiene che lo strumento sarà efficace e rapido contro coloro che utilizzano la libertà di stampa per danneggiare Israele e i soldati dell'Idf, e che incitano al terrorismo in un momento di guerra.

Le accuse del governo israeliano ad Al Jazeera

Solo il ministro delle Comunicazioni avrà il potere di emettere tali ordini, ma solo dopo aver ricevuto l'approvazione del Primo ministro e del gabinetto di Sicurezza e dopo che un documento di "posizione professionale" venga presentato al primo ministro e al ministro delle Comunicazioni da parte dei servizi di sicurezza, che dettagliano i fondamenti fattuali delle accuse.

La legge è stata approvata come temporanea e scadrà il 31 luglio, o anche prima, se il governo revocherà lo stato di emergenza. I funzionari israeliani si sono lamentati a lungo delle notizie veicolate da Al Jazeera, sostenendo che l'emittente sia fortemente influenzata da Hamas e metterebbe in pericolo soprattutto le truppe a Gaza. L'ufficio del ministro delle comunicazioni sostiene fin da ottobre che la campagna per chiudere il canale in Israele si basa sulla prova che l'emittente stia aiutando il nemico, trasmettendo propaganda al servizio di Hamas, in arabo e in inglese, ai telespettatori di tutto il mondo e perfino passando informazioni sensibili.

Nessuna reazione da Al Jazeera

A novembre, un mese dopo l'attacco, Israele sembrava aver risparmiato l'emittente qatariota, ordinando invece solo la chiusura delle trasmissioni locali di un canale libanese filo-iraniano di modeste dimensioni (al-Mayadeen) in nome delle norme di emergenza sui media. Dall'emittente del Qatar ancora nessuna reazione. Il canale, infatti, si è limitato a riportare la notizia in cima alle sue ultime notizie senza aggiungere alcun commento sul ban che potrebber raggiungere a breve i suoi giornalisti, costringendo a chiudere bottega per almeno 45 giorni.

La chiusura del canale potrebbe, per paradosso, complicare i negoziati in corso per la liberazione degli ostaggi a Gaza: nel gennaio scorso era stato proprio Benjamin Netanyahu a premere perchè Doha esercitasse tutte le pressioni politiche necessarie su Hamas per un negoziato fruttuoso sugli ostaggi. Il governo di Doha, al momento si trincera dietro il silenzio, ma l'operazione in corso potrebbe essere percepita come un tentativo di chiusura delle comunicazioni, compromettendo le trattative.

Solo il 29 marzo scorso, il primo ministro israeliano aveva approvato la partenza di due delegazioni dello Stato ebraico verso Doha e Il Cairo per negoziare l'accordo sugli ostaggi, garantendo al capo del Mossad, David Barnea, e a quello dello Shin Bet, Ron Bar, lo "spazio per operare" nelle due capitali arabe.

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