Gli equilibri internazionali sembrano sempre più oscillare nelle mani di quelle potenze detentrici di armamenti nucleari, che le dialettiche dedicate riconoscono con la sigla NWS, ovvero Nuclear State Weopons. Le nazioni dotate di tali capacità hanno accresciuto la loro consapevolezza e stravolto gli assetti geopolitici rispetto al passato. Nuove politiche, infatti, sembrano rincorrersi sul filo della guerra di deterrenza, plasmando il concetto di sicurezza nazionale, in una vera e propria dimostrazione di muscoli, che induce spesso ad inedite alleanze per poter stravolgere la scacchiera della governance globale.
Cosa è stato fatto per evitare un’escalation nucleare?
Per evitare tali scenari, la Comunità Internazionale sta compiendo sforzi enormi, che hanno il fine di poter scegliere un’altra ideologia di approccio utile garantire la sicurezza di tutti. Fondamentale è stato il ruolo delle Non Nuclear State Weapons, ovvero quelle nazioni che non detengono armamento nucleare e che percepiscono la natura dei test come “devastanti ripercussioni sulle comunità native”. Molte nazioni (e colonie), in effetti, sono state utilizzate negli anni da alcune potenze, come teatri di sperimentazioni. I dati delle fonti aperte, riferiscono che la Russia, nella regione del Semipalatinsk, in Kazakistan, tra il 1949 ed il 1989 ha effettuato 456 test nucleari che ha visto 340 esplosioni sotterranee e 116 atmosferiche.
Il tutto, esponendo la popolazione locale, come testualmente riportato, “inconsapevole e non informata”, a contaminazione radioattiva. Gli Stati Uniti, da parte loro, nel Pacifico, specialmente nelle Isole Marshall, tra il 1946 ed il 1958 avrebbero compiuto 67 test, che avrebbero detonato, invece, 108 megatoni di resa nucleare, pari a 7.200 bombe di Hiroshima. Proprio per tali ragioni queste “colonie”, grazie alla politica delle nazioni, non detentrici di armi nucleari, hanno lavorato per cambiare le narrative nucleari, in quanto avrebbero percepito che proprio la “cessazione dei test fosse legata alla lotta per raggiungere la fine del colonialismo.
Grazie all’azione incisiva delle Non Nuclear State Weapons, infatti, si è riusciti ad ottenere, negli anni, mediante il supporto di Stati Uniti, Russia e Regno Unito, la ratifica del Trattato sul divieto parziale dei test nel 1963, quella per il Trattato sullo spazio esterno, nel 1967 ed infine quella per il Trattato di divieto dei test di soglia del 1990. Il fine, come ci spiega testualmente il Direttore esecutivo del progetto sulla gestione dell'atomo presso il Belfer Center della Harvard Kennedy School era: “di poter sviluppare un sistema legale globale per vietare i test nucleari in qualsiasi parte del mondo”.
Ma con il tempo cosa è accaduto?
Il conflitto russo-ucraino, però, ha evidenziato realtà e contraddizioni assunte da molti Stati non nucleari ed in particolare modo quelli del Sud America, dell’Asia e dell’Africa. La questione di un’azione perpetrata da una potenza nucleare, su una nazione non nucleare, purtroppo, non ha offerto una reazione, forte e, probabilmente, attesa. Tale atteggiamento, inoltre, si è ripetuto anche nei confronti di quei continui riferimenti, da parte della Federazione russa, di utilizzare armi nucleari, andando a normalizzare, di fatto, come si recepisce, tutte quelle minacce che sono utili ad "influenzare solo il rimodellamento dell'ordine nucleare esistente" ed in parte giustificare la rincorsa al nucleare.
La forza nucleare del Cremlino
Fortemente interessata al potenziale strategico e mediatico di tale armamento, la Federazione russa ha reso noto, mediante il suo ministero della Difesa, che il 2024 avrebbe visto rinforzare le sue forze strategiche con “diverse armi nucleari”. Dall’analisi delle risorse si evince che, dalle dichiarazioni del vice- Ministro Krivoruchko, sarebbero stati prefissati come obbiettivi, l’introduzione del sistema missilistico strategico Sarmat, quello dei bombardieri Tu-160M oltre al sottomarino nucleare Borei-A Knyaz Pozharsky.
Una corsa agli armamenti nucleari che terrorizzerebbe l’Occidente se non fosse che, al momento, il sistema missilistico Sarmat risulti, però, aver registrato un solo test di volo, seppur avvenuto con successo, e che la sua produzione soffra di ritardi causati dalla “particolare” situazione economica della Roscosmos. Secondo quanto affermato dallo stesso dirigente, Borisov, a Rossiya 24, si apprende che questa società, colosso competente anche per i test degli armamenti, registrava, nel 2023, la perdita di circa 2 miliardi di dollari, di entrate dalle esportazioni, a causa delle sanzioni. Dall’analisi si evince, inoltre, che per tagliare i costi di gestione, questa società tra il 2019 ed il 2021 è stata costretta a licenziare ben 17000 lavoratori oltre a quasi la metà del personale dell'ufficio della sede centrale, nel 2023.
Sembrerebbe, per di più, che, proprio per la “mancanza di fondi”, Roscosmos stia tentando di emettere obbligazioni per un valore di circa 50 miliardi di rubli e cercando forme d’investimento con l'Algeria e l'Egitto. I lanci orbitali, negli ultimi 8 anni, sono diminuiti in un numero che oscilla tra i 15 e i 26 test di prova. Ma anche i missili balistici intercontinentali terrestri hanno registrato un calo significativo che, come riportato, si aggira intorno i 6 e 10 test nel periodo che va dal 2013 al 2017 ed i 2 e 5 in quello tra il 2018 ed il 2023.
Stessa sorte per l’impianto dedicato alla produzione del sistema di propulsione del missile Sarmat, ovvero la Proton-PM. Quest’ultimo, infatti, sembra non passarsela bene, visto le problematiche finanziarie connesse agli oneri degli interessi sui prestiti, così come dichiarato dal suo stesso direttore Ivan Krasnov nel 2022. Non dimenticando, infine, gli scandali legati alle appropriazioni indebite, che si aggirano intorno ai 195 milioni di rubli, perpetrate, presumibilmente, dai top manager della stessa azienda.
Non semplice sembrerebbe la situazione anche dell’industria dedicata alla produzione del secondo stadio del missile Sarmat, ovvero il Chemical Automatics Design Bureau, definita, secondo le risorse aperte, in stadio di pre-fallimento. Pavel Luzin, senior fellow presso il Center for European Policy Analysis riferisce, infatti, che il Kazan Aviation Plant, situato a Kazan, e competente per la modernizzazione dei bombardieri Tu-160 e Tu- 160M, sta producendo e testando nuovi aerei insieme alla Tupolev Company. Quest’ultima, è riportato, avrebbe un contratto per 10 nuovi bombardieri entro il 2027. I Tu-160M, sembrerebbero essere stati “aggiornati”, ma appartenenti all’era sovietica, i quali hanno effettuato i primi voli di prova, tra gennaio e dicembre 2022.
Gli altri avrebbero effettuato un solo test e per tale motivo risulterebbe “improbabile”, secondo le fonti, il rispetto delle consegne previste. Infine, il Kazan Aviation Project registra la produzione di 1 aereo all'anno, il che non sarebbe in grado soddisfare i piani del ministero della Difesa. La Carnegie (EFIP), inoltre, fa sapere, che Mosca aveva previsto, per il 2023 anche lo sviluppo del missile Kh-SD o Kh-50, ma al momento, questo sembrerebbe non essere accaduto.
Stesso destino seguirebbe anche il siluro Poseidon, armato con testata nucleare ed il sottomarino Khabarovsk, che sebbene fu annunciato nel 2020, non sembrerebbe, al momento, avere neanche le infrastrutture di appoggio nel Pacifico. Mentre l’altro sottomarino, destinato, invece, alla Flotta del Nord per il trasporto dei Poseidon a Belgorod, sarebbe, addirittura ancora in fase di test.
Gli unici sviluppi degni di nota, invece, potrebbero essere l’aggiornamento dell’arsenale relativo al lanciatore del trasportatore di missili Yars, che è in sostituzione del Topol, ma “anch’esso di era sovietica”. Quello della divisione missilistica Kozelsky, armati con missili balistici intercontinentali Yars, oltre alla divisione missilistica di Bologovsky e di Orenburg, recentemente dotato di missili Avangard. Aggiornamenti strategici, dunque, sicuramente superiori rispetto al passato, per Mosca, ma probabilmente ben lontani da quel potenziale distruttivo, forse immaginato, che è capace di poter piegare l’intero Occidente.
L’alternativa più utile per la Federazione russa sembrerebbe essere, al momento, lo spazio, utile anche a poter colpire i satelliti Usa, ma l’intelligence americana non sembra voler giocare il
ruolo di spettatore, tanto che dai rapporti, rilasciati sui nuovi stanziamenti, non ci sarebbero dubbi sulle contromisure americane e sul fatto che una nuova guerra di deterrenza interstellare sembra appena essere cominciata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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