Il Comando Centrale degli Stati Uniti, nella tarda serata di ieri, sostiene di aver colpito nove obiettivi in due località che, secondo la Difesa Usa, sono legati a gruppi iraniani collocati in Siria, "in risposta a diversi attacchi contro il personale statunitense in Siria nelle ultime 24 ore". I raid hanno avuto come obiettivo quello di depotenziare la capacità dei proxy di Teheran di pianificare e lanciare attacchi contro le forze e le basi americane e della coalizione che nell'area combattono lo Stato islamico.
Il CENTCOM non ha riferito di quali gruppi si tratti o l'eventuale numero delle vittime. Ma l'Osservatorio siriano per i diritti umani, che monitora la situazione nell'area, sostiene che quattro miliziani filoiraniani sian morti negli attacchi. L'esercito americano possiede nell'area 900 soldati in Siria e 2.500 in Iraq come parte della coalizione anti-ISIS nata nel 2014. Dallo scoppio della guerra nella Striscia di Gaza, forze associate all'Iran hanno ripetutamente preso di mira le truppe americane di stanza qui come reazione al supporto di Washington a Israele. L'operazione potrebbe essere complementare all'operazione che ieri Tel Aviv ha condotto nella periferia a sud di Homs. L' attacco israeliano ha preso di mira un deposito di munizioni di Hezbollah nella provincia siriana, nei dintorni di Chinchar, il giorno dopo un attacco nei pressi di Damasco in cui sono rimaste uccise 9 persone tra cui un comandante Hezbollah.
"Gli attacchi contro gli Stati Uniti e i partner della coalizione nella regione non saranno tollerati", ha affermato il generale Michael Erik Kurilla , comandante del CENTCOM. "Continueremo a prendere tutte le misure necessarie per proteggere il nostro personale e i partner della coalizione e rispondere ad attacchi sconsiderati". A febbraio, gli Stati Uniti hanno lanciato attacchi contro oltre 85 obiettivi collegati alla Guardia Rivoluzionaria iraniana e alle milizie da essa sostenute, come rappresaglia per un attacco mortale alle truppe statunitensi.
Ad agosto, otto militari americani sono stati curati per traumi cranici e inalazione di fumo dopo un attacco con droni in Siria che, secondo le autorità, è stato condotto da una milizia sostenuta dall'Iran. Le forze americane, a loro volta, hanno cercato di contrastare tali gruppi. Dal 29 agosto, le forze del Central Command hanno eseguito più di 95 operazioni Defeat ISIS (D-ISIS) — alcune delle quali includevano attacchi in Siria — che hanno ucciso 163 terroristi e portato alla cattura di 33, ha affermato il comando la scorsa settimana.
La rinnovata instabilità dell’area rischia non solo di trasformare queste due nazioni difficili in palestre delle forze filoiraniane, ma secondo gli strateghi a Washington potrebbe vedere anche lo Stato Islamico rialzare la testa, profittando del conflitto Israele-Hamas-Iran, per scatenare il caos in alcune parti dell'Iraq e della Siria. Secondo una dichiarazione rilasciata la scorsa estate dal CENTCOM, il gruppo, ha rivendicato 153 attacchi in entrambi i Paesi tra gennaio e giugno di quest'anno, mettendo lo Stato Islamico sulla buona strada per più che raddoppiare il numero totale di attacchi dichiarati nel 2023.
Ciò significa che sta tentando di ricostituirsi dopo diversi anni di capacità ridotta e che i suoi miliziani si sentono oramai sufficientemente sicuri e fiduciosi da poter iniziare a pianificare attacchi oltre i confini di Siria e Iraq.
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