A Hisham Matar il premio Vallombrosa

da Vallombrosa
Ha vinto lui, Hisham Matar, giovane ed eccellente narratore, la prima edizione del Premio-Vallombrosa Gregor von Rezzori, fortemente voluto da Beatrice Monti Della Corte von Rezzori, a cui va dato il merito di svolgere un importante (e necessario) lavoro di ricerca, finalizzato a individuare i migliori valori letterari nel campo della narrativa straniera. Ha vinto lui, Hisham Matar, con il romanzo, opera prima, Nessuno al mondo (Einaudi, pagg. 238, euro 17,50), un’intensa e commovente storia del piccolo Suleiman (l’io narrante), un bimbo che annaspa nel mondo degli adulti, smarrito in un labirinto di sentimenti conflittuali, diviso dal desiderio di «salvare» la madre, la voglia di avere un rapporto esclusivo con lei e di essere insieme amato da un padre assente, prevaricante e vissuto come rivale.
Nato da un matrimonio scombinato, il bambino vive con una madre lasciata troppo sola dal marito, sempre lontano da casa per misteriosi viaggi d’affari. Novello Tonio Kroeger travagliato nel cuore e nell’anima, Suleiman in fondo è un bambino come tanti, un contemporaneo, che sta affrontando il difficile passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Suleiman, nove anni, è costretto a misurarsi con una realtà più grande di lui, consapevole di avere una responsabilità immane, di essere sostanzialmente il collante di una relazione, quella dei suoi genitori, che fa acqua da tutte le parti. «Sono sempre stato ossessionato - osserva l’autore - dai rapporti intrecciati e complessi che s’instaurano tra una madre e un figlio. Sono rapporti ambigui, che oscillano tra amore, attaccamento e possesso, dove si ripetono certi riti, la gestualità e i comportamenti, anche in modo inconsapevole. E poi ci sarebbe da fare un discorso sui ruoli, sempre più confusi, interscambiabili, mai davvero distinti. Nel caso di Suleiman, è lui il più consapevole nonostante sia piccolo; è lui che ha capito come vanno le cose. Tutto questo provoca naturalmente sofferenza e dolore».
Nessuno al mondo è un bel romanzo sull’infanzia, e di conseguenza sugli adulti, che gira intorno ai grandi temi universali in relazione ai rapporti e alla famiglia, attuali più che mai. Ambientato nella Libia degli anni Settanta, quando Gheddafi prese il potere soffocando nel sangue i tentativi di ribellione dell’opposizione democratica, non vuol essere tuttavia un libro politico o che parla di politica («L’arte e la scrittura c’entrano poco con simili questioni», puntualizza Matar). Ma la capacità descrittiva e intuitiva dell’autore ci consegna un ritratto inedito del suo Paese d’origine anche da un punto di vista storico (il regime di Gheddafi negli anni del massimo potere; gli arresti arbitrari degli oppositori; le proprietà confiscate e così via).
Hisham Matar è nato nel 1970 a New York da genitori libici. Ha trascorso l’infanzia fra Tripoli e Il Cairo. Dal 1986 vive a Londra. Gli chiediamo se tornerebbe in Libia: «Per il momento preferisco osservare le cose da lontano, la lontananza amplifica l’immaginazione e la sensibilità di chi scrive. Osservare invece le cose da vicino può limitarne la percezione. Diciamo che da lontano la prospettiva è più ampia». «Quanto c’è di lei nel piccolo Suleiman?». «Assolutamente nulla - si schermisce lo scrittore - certo, io ho vissuto in Libia nello stesso periodo e avevo su per giù la stessa età.

Ma ho una storia diversa alle spalle, che non ha nulla a che vedere con la sua». Sarà. Certo è che non capita spesso di incontrare scrittori capaci di attingere e reinterpretare il proprio vissuto riuscendo a mantenere un così efficace e convincente distacco.
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