Pierangelo Maurizio
da San Marino
Alvaro Selva scuote la testa: «Da anni mi sto impegnando perché San Marino abbia il suo casinò ma ho incontrato molti ostacoli politici». Parlamentare per trent'anni, dal '64 al '93, è stato segretario di Stato - ministro - agli Affari interni della piccola Repubblica ininterrottamente dal '78 al '92, dal 6 giugno di nuovo parlamentare nel Partito dei socialisti e dei democratici (nato dalla fusione dell'ex partito comunista con quello socialista). Davanti agli attacchi non fa una piega. In una lettera pubblica che ha sollevato mille polemiche il presidente della società canadese Trillium Gaming, Domenic Alfieri, ha spifferato di avergli versato, nel '99, 150mila dollari canadesi per il suo «interessamento» sulla futura casa da gioco sul Monte Titano (all'epoca Selva però non era parlamentare e non aveva incarichi pubblici). E ha aggiunto di aver incontrato «per dieci minuti» nel 2001 l'allora ministro dell'Interno, Fiorenzo Stolfi, attuale neo-responsabile degli Affari esteri e anche lui esponente di punta del Partito dei socialisti e dei democratici.
L'avvocato Selva non si scompone. «È vero. La Trillium mi ha pagato quella somma per la mia consulenza professionale, all'epoca poi seguivo per loro anche altri investimenti... ». Pausa. «Vede, mi sono interessato alla casa da gioco a San Marino fin dagli anni '80 quando ero ministro dell'Interno. Quando nel '93 lasciai governo e Parlamento, riprendendo la mia attività professionale, ho messo a frutto la conoscenza acquisita e ho continuato a occuparmi di casinò. Diciamo che sono diventato uno dei maggiori esperti». Così l'avvocato Alvaro Selva ha deciso di fare outing: «Ho avuto rapporti con società che gestiscono case da gioco. Come altri della politica sammarinese, compresi membri dell'ex governo che ora sparano a zero sul casinò» fa lui, pignolo. «Ho avuto rapporti con società di Las Vegas, del Canada, francesi e austriache». Oltre che dalla Trillium canadese, le sue prestazioni sono state remunerate anche da queste altre società? «Certo, sono stato pagato in modo più o meno ampio», risponde senza problemi. Resta un sostenitore dell'utilità, per rilanciare il turismo, dei tavoli da gioco «sotto il controllo di un Ente statale o di un'Authority». Ri-pausa. E rivela: «Ma sono altri, e non io, che in questi anni hanno avuto relazioni, più o meno riservate, con Russia, Slovenia e Italia nel senso del casinò di Venezia».
Insomma a San Marino c'è chi vuole le roulette a tutti i costi. Ma meglio se russe. Venezia a parte, è questo il lato della vicenda più oscuro. Perché è quello dove si stende l'ombra lunga delle organizzazioni sbrigativamente definite «mafia russa», che gestirebbero l'interessamento su San Marino non direttamente ma attraverso gli sloveni. Ma è la stessa maggioranza a frenare. Alleanza popolare, uno dei tre partiti di governo, con un'intervista al Giornale ha preso le distanze. E anche il ministro degli Esteri, Fiorenzo Stolfi, sceglie la cautela. «Il casinò a San Marino non è una priorità», sillaba. Il grande capo della Trillium ha scritto di averlo incontrato nel 2001 nel corso di «una pura visita di cortesia». «L'incontro è avvenuto esattamente nei termini descritti da quella lettera» replica l'interessato. E afferma anche di non aver avuto altri incontri con altre società. Sicuro? «Be, se ci sono stati, sono stati incontri di pochi minuti, di cui faccio fatica a ricordarmi». Su una cosa il ministro è arcisicuro.
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