Washington - Quattro delle maggiori società petrolifere del mondo si sono unite per creare un sistema per fermare le possibili fuoriuscite di petrolio nel Golfo del Messico. Si tratta, riporta il Wall Street Journal, di un modo per riconquistare la Casa Bianca dopo il disastro provocato dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon di Bp. Le società coinvolte sono Exxon Mobil, Chevron, Royal Dutch Shell e ConocoPhillips.
I colossi delo petrolio La joint-venture ha l’obiettivo di progettare, costruire e gestire un sistema di pronto intervento che possa raccogliere e contenere fino a 100mila barili di petrolio che sgorga a 3mila metri di profondità. Il sistema è formato da diverse navi per la raccolta di petrolio e da un insieme di macchinari subacquei, ed è in sostanza simile a quello sviluppato da Bp nei tre mesi della crisi della marea nera. La Deepwater Horizon è esplosa lo scorso 20 aprile. Le società faranno un investimento iniziale di un miliardo di dollari nella joint-venture no profit, chiamata Marine Well Containment Company. Ma il conto complessivo, tenendo conto che il sistema dovrà essere sempre in allerta, sarà di miliardi di dollari nei prossimi anni.
I lobbisti al lavoro Tre quarti dei lobbisti americani che rappresentano le compagnie petrolifere hanno lavorato nel governo federale degli Stati Uniti, una proporzione che eccede di molto il normale riciclo dei funzionari governativi. Tra i circa 600 lobbisti registrati vi sono 18 ex membri del Congresso e decine di funzionari nominati dai vari presidenti, oltre a un buon numero di reduci della Casa Bianca sotto l’Amministrazione Bush; non mancano neanche ex ispettori federali assunti da compagnie che era loro compito sorvegliare. Per quel che riguarda la British Petroleum, alle prese con il disastro del Golfo del Messico, ha assunto almeno una trentina di lobbisti con precedenti esperienze di governo, mentre l’American Petroleum Institute, la principale organizzazione di settore, vanta 48 ex funzionari federali tra cui un ex Senatore e due ex Rappresentanti.
Proprio gli ex parlamentari provenienti da stati che producono petrolio sono la preda più ambita per le lobby: 15 dei 18 lobbisti ex membri del Congresso provengono dal Texas, Lousiana, Mississsippi, Oklahoma e Kansas, e hanno portato con sé decine di collaboratori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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