Antonio Signorini
da Roma
Solo i sindacati non si uniscono al coro di consensi suscitato dalle prime considerazioni finali di Mario Draghi. Apprezzamenti sinceri per «laria nuova» che si respira a Bankitalia da parte di Guglielmo Epifani. E sostegno un po più scontato di tutte le sigle ai passaggi sulla crescita. Ma, per il resto, le organizzazioni dei lavoratori - a differenza del presidente degli industriali Luca Cordero di Montezemolo che ha apprezzato il discorso «dallinizio alla fine» - hanno storto la bocca più volte ascoltando quello che il governatore aveva da dire a proposito di pensioni, lavoro e anche conti pubblici. I sindacati non si aspettavano un riferimento allinnalzamento delletà pensionabile proprio mentre il governo cerca di eliminare lo «scalone» del 2008 con lobiettivo di rendere meno drastico linasprimento dei requisiti per ritirarsi dal lavoro. «Abbiamo unopinione diversa», ammette il segretario generale della Cgil. Il fatto, ha spiegato meglio il leader della Cisl Raffaele Bonanni, è che «siamo di fronte alla solita discussione di ogni anno». E la risposta dei sindacati non può cambiare: «Bisogna - spiega Bonanni - recuperare i contributi che le imprese sleali rubano ai lavoratori». Linnalzamento delletà della pensione «labbiamo già fatto con sistemi molto flessibili, come gli incentivi alle persone che restavano al lavoro e oggi letà media pensionabile è uguale a quella della Germania, cioè 60 anni», aggiunge il segretario generale della Uil Luigi Angeletti. «Sulle pensioni non serve riaprire una discussione, se non limitatamente allo scalone», rimarca il segretario generale dellUgl Renata Polverini, contraria anche alla manovra.
Le posizioni si differenziano quando si tratta di parlare di lavoro. Laccenno di Draghi a una flessibilità controllata sembra molto il welfare to work promosso da Marco Biagi. E non è un caso che un giudizio totalmente positivo arrivi dallex sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi. E che Epifani, al contrario, lo bocci come «un ragionamento un po contorto». La proposta della Cgil è una «operazione culturale di contrasto alla precarietà. Non cè solo il punto di vista dellimpresa ma anche quello dei lavoratori». Nelle considerazioni Epifani lamenta di non aver trovato unanalisi «sulla domanda interna, sulla domanda di investimenti, sul mezzogiorno e sulla domanda di consumi».
Il parallelo tra le tesi di Draghi e quelle degli imprenditori è il commento che prevale tra i rappresentanti delle parti sociali arrivati a Palazzo Koch. Il leader di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo lo dice apertamente: «Gli imprenditori italiani si ritrovano dalla prima allultima parola della relazione di Draghi: coraggiosa, moderna che mette la crescita e il risanamento come i due obiettivi fondamentali, certo non disgiunti, ma complementari. Troviamo nella relazione tutte le cose dette alla nostra assemblea di govedì. Lassonanza è quasi totale».
Consensi che hanno rafforzato i dubbi dei sindacati. E hanno stimolato Giorgio Cremaschi della Fiom ed esponente della sinistra Cgil a uno dei suoi commenti irriverenti: «Non sarà che rimpiangeremo Fazio?».
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