"Collezionisti, attenti alle truffe: in Italia c'è un'invasione di falsi"

Il parere dell'esperto: «Quando si acquista un'opera il certificato della galleria a volte non basta». Più a rischio tele e litografie, ma anche le sculture. Occhio a vasi e oggetti provenienti dalla Cina

In tempi di crisi e di Borse impazzite, investire nell'arte può apparire un rifugio sicuro, eppure il rischio di venire beffati e truffati - lo dimostrano le numerose inchieste su mercati «neri» e «paralleli» - negli ultimi anni è aumentato. L'avvocato Roberto Campagnolo, con studio a Milano, è art advisor e docente a contratto di diritto privato, specializzato negli aspetti legali relativi a contratti, compravendite, stime di valore ed errate valutazioni di opere d'arte.

Avvocato, dobbiamo temere un'invasione di falsi?

«Nel mercato italiano i falsi hanno una forte penetrazione. Sono notevoli per alcuni artisti, meno per altri che si organizzano compiutamente, istituendo delle fondazioni a tutela delle loro produzioni».

Come può tutelarsi chi vuole investire in questo ambito?

«Il cittadino che intende investire nell'arte, anche per quanto riguarda le opere provenienti dall'estero, deve innanzitutto richiedere al venditore il certificato di autenticità, rilasciato dalla fondazione dell'artista o dall'artista stesso, se è ancora in vita. In questo secondo caso, sarebbe meglio avere direttamente il certificato di autenticità sulla fotografia dell'opera, con il relativo numero progressivo di assegnazione. Se l'opera in questione, oltre ad avere questi requisiti, è pubblicata sul catalogo generale dell'artista, vi è una doppia sicurezza e acquisisce un valore ulteriore».

Può bastare per essere sicuri di non aver ricevuto un «pacco»?

«In ogni caso, non è sufficiente “accontentarsi” dalla pura e semplice certificazione che viene rilasciata dalla galleria d'arte oppure dalla casa d'aste presso cui si acquista l'opera, poiché tali certificati attribuiscono solo in via indiretta l'autenticità dell'opera».

Come comportarsi se ci si trova nel dubbio di avere tra le mani un falso o una copia di nessun valore?

«Se non si è in possesso del certificato di autenticità dell'opera si richiede alla fondazione o all'artista, mediante spedizione di 4-6 fotografie raffiguranti l'opera (ogni fondazione ha le proprie modalità). Sia la fondazione sia l'artista potrebbero chiedere ulteriormente al proprietario l'esibizione dell'originale dell'opera. Due sono le successive soluzioni: il rilascio del certificato di autenticità, oppure l'accertamento di un falso o l'attribuzione dell'opera ad una Scuola (agli allievi) e non all'artista presunto. In tali circostanze, alcune fondazioni sollecitano immediatamente l'intervento dei carabinieri del nucleo Beni culturali, che provvedono al tempestivo sequestro dell'opera».

Quali sono gli ultimi casi emblematici che le sono capitati sulla scrivania?

«Sto trattando a livello processuale, dinanzi al Tribunale di Pisa, un'opera di Andy Warhol, che è un artista molto particolare, se pensiamo che anche le sole litografie hanno un valore elevato, e che può essere facilmente riprodotto con mezzi meccanici. Come bisogna stare molto attenti a parte della produzione attribuita a Mario Schifano».

I rischi maggiori, quindi, riguardano questo genere di opere?

«Non solo. Si è rivolto al mio studio uno scultore di fama internazionale al fine di vedersi tutelato contro alcune gallerie d'arte italiane che hanno ricevuto, esposto e messo all'asta delle opere, tutte sprovviste di certificazione di autenticità rilasciata dallo stesso artista e ad esso non attribuibili. In un altro procedimento in corso dinanzi al Tribunale di Milano siamo di fronte a un plagio di sculture. La particolarità sta nel fatto che ci troviamo nel campo delle opere «astratte», che non offrono una riproduzione fedele di immagini presenti in natura».

Con quali conseguenze pratiche?

«Non è sempre possibile una servile riproduzione di un'opera d'arte o addirittura è possibile l'esatto contrario, ossia la riproducibilità da parte di chiunque. La tutela del diritto d'autore deve trovare applicazione non in termini di identità delle due opere, ma in base a un criterio che tenga in considerazione le opere nel loro complesso e valuti come la seconda opera abbia ricalcato il processo espressivo e l'impostazione generale della prima, e sia in grado di trasmettere ad un osservatore la stessa impressione dell'originale».

Una nuova minaccia in tema di falsi (o di copie replicate industrialmente) proviene dalla Cina. Si tratta soprattutto di presunti oggetti archeologici delle epoche dinastiche: dipinti, vasi, oggetti di giada. Sono arrivati qui da noi?

«Sicuramente il fenomeno può interessare anche il mercato italiano, va però considerato

che è molto più facile una penetrazione per le opere moderne e contemporanee che non per le opere archeologiche o dipinti antichi, poiché la normativa italiana che li tutela è molto più rigida rispetto all'importazione».

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