I finiani verso i gruppi autonomi: pronte le dimissioni

Sono 34 i deputati e 14 i senatori vicini all'ex leader di An che avrebbero già firmato il documento di "presa di distanze" dal Pdl e che domani sarà consegnato a Cicchitto e Gasparri. Prevista anche una conferenza stampa di Fini

I finiani verso i gruppi autonomi: pronte le dimissioni

Roma - Numeri in grado di mettere in crisi la maggioranza: 34 deputati (è di 27 lo scarto a favore del Pdl) e 14 senatori (a Palazzo Madama il governo conta su 13 voti di vantaggio). Le dimissioni dei 34 deputati finiani dal gruppo del Pdl sono già in mano al capogruppo Fabrizio Cicchitto, domani dovrebbero arrivare a Maurizio Gasparri, ex compagno di strada, quelle di 14 senatori. E in tarda mattinata i gruppi autonomi dei fedelissimi del presidente della Camera dovrebbero già essere costituiti, con correlata conferenza stampa di Gianfranco Fini, politicamente "espulso" dall'ufficio di presidenza del Pdl (che ha anche deferito ai probiviri Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata).

La presa di posizione Berlusconi aveva appena terminato di dare lettura del duro documento politico che sancisce il definitivo divorzio dei due co-fondatori del Pdl. E Fini, riunito con i suoi a Montecitorio, dava la linea: fedeltà al governo e ad ogni impegno preso con gli elettori del Pdl mai in discussione, gruppi autonomi, stop alle esternazioni incontrollate dei singoli. Quanto alla presidenza della Camera, una secca replica al premier che parla di un "venir meno" della fiducia del Pdl rispetto al ruolo di garanzia del presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni: "La presidenza della Camera non è nella disponibilità del presidente del Consiglio. Io non mi dimetto".

Travaso di voti Fini ha adesso gioco facile nel portare dalla sua parte quei parlamentari a lui fedeli che ancora oggi aspettavano di vedere quanto duro fosse il documento di censura politica verso il presidente della Camera prima di dare la loro disponibilità all'ingresso in un gruppo autonomo. Berlusconi ha parlato di una insopportabile "forma di dissenso all'interno del partito che si manifesta nella forma di una vera e propria opposizione, con tanto di struttura organizzativa, tesseramento e iniziative, prefigurando già l'esistenza sul territorio e in parlamento di un vero e proprio partito nel partito, pronto, addirittura, a dar vita a una nuova aggregazione politica alternativa al Popolo della liberta". E più in generale il documento, commentano i finiani "ha superato anche le più pessimistiche previsioni".

Ecco i nomi dei firmatari Secondo quanto si apprende gli aderenti sarebbero 34 a Montecitorio. Oltre ai 20 aderenti a Generazione Italia, i primi a firmare, e cioè Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Fabio Granata, Enzo Raisi, Luca Barbareschi, Francesco Proietti, Francesco Divella, Antonio Buonfiglio, Claudio Barbaro, Maria Grazia Siliquini, Flavia Perina, Angela Napoli, Luca Bellotti, Aldo Di Biagio, Nino Lo Presti, Giuseppe Scalia, Gianfranco Conte, Benedetto Della Vedova, Adolfo Urso e Mirko Tremaglia, nel corso della giornata si sono aggiunte le firme dei finiani più moderati come Roberto Menia, Silvano Moffa, Gianfranco Paglia, Donato Lamorte, Alessandro Ruben, Adolfo Urso, Giulia Bongiorno, Andrea Ronchi, Giulia Cosenza, Giuseppe Angeli, Carmine Santo Patarino, Giuseppe Consolo, Catia Polidori. La 34esima firma sarebbe della deputata Souad Sbai, anche se la diretta interessata non conferma. "Questi numeri mettono la golden share del governo nelle mani di Fini", dice convinto una fonte parlamentare che partecipa al progetto.

Il gruppo al Senato I finiani sono pronti a costituire un gruppo anche al Senato. Alcuni senatori del Pdl hanno incontrato il presidente della Camera. All’incontro avrebbero partecipato 12 senatori e il numero minimo per formare un gruppo parlamentare a Palazzo Madama è di 10 senatori. "Non è una guerra di religione - ha dichiarato uno dei senatori partecipanti all’incontro - Fini ha esposto le sue motivazioni in modo pacato, sereno, equilibrato e ponderato". I senatori finiani attendono comunque l’esito dell’ufficio di presidenza del Pdl. "Al Senato ci riuniremo anche la prossima settimana - proseguono i senatori - abbiamo eventualmente tempo per organizzarci".

I numeri in parlamento Quanto dovrebbero essere i finiani nelle Camere per risultare determinanti ai fini della sopravvivenza del governo? È anche intorno a questa domanda che si svolge la partita dell’allontanamento del gruppo di Fini dal Pdl. Conti alla mano, il gruppo finiano risulterebbe decisivo per le sorti del governo se alla Camera fosse composto da almeno 27 deputati, mentre al Senato ce ne vorrebbero 13. A Montecitorio, infatti, la maggioranza necessaria per la sopravvivenza del governo è pari a 316 voti, la metà più uno dei 630 componenti dell’assemblea. Oggi i gruppi che sostengono il governo (Pdl, Lega Nord, Mpa, liberaldemocratici, e repubblicani) sono forti di 342 deputati. Se in 27 si sfilassero, la maggioranza scivolerebbe a 315 voti, andando sotto la soglia minima di sopravvivenza.

Al Senato, considerati anche i sette senatori a vita, la soglia della maggioranza è a quota 162 e il centrodestra può far conto oggi su 174 voti, che salgono a 177 considerando anche Cossiga, Pinifarina e Andreotti. Con 16 senatori in meno, la maggioranza assoluta degli aventi diritto sarebbe perduta.

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