Si tratta di una decina di pagine, non di più, contenute nel bel libro Dialoghi sul clima. Tra emergenza e conoscenza edito da Rubbettino e riguardano i ghiacciai. Sono scritte da Augusta Vittoria Cerutti, già docente di Geografia all'Università degli studi di Torino. Si leggono d'un fiato e vi spiegano come si formano i ghiacciai, le loro diverse trasformazioni; si spiega la differenza tra i bacini di raccolta in cui si raccoglie più neve di quanta si possa fondere nella stagione calda e quello più basso, chiamato bacino di ablazione, dove il processo è speculare. Insomma una lezione per i tanti che si riempiono la bocca sulla scomparsa dei ghiacciai, ma che di montagna sanno molto poco.
C'è stato un periodo, remoto, della nostra storia in cui c'erano talmente tanti ghiacciai «che il livello dei mari e degli oceani era più basso di 120 metri». Avete letto bene. «Attorno a 14mila anni fa la superficie marina cominciò a crescere di circa 3,7 metri al secolo: i ghiacciai continentali erano entrati in fusione». Vi possono sembrare secoli davvero remoti, ma per la lunga storia del nostro pianeta non lo sono poi così tanto. La Cerutti racconta della scoperta della mummia di Ötzi, ritrovata nel settembre del 1991 sulle nostre Alpi, in Trentino-Alto Adige. Essa rappresenta la prova che soltanto 5mila anni fa, le Alpi avessero un clima secco e arido, altro che ghiaccio e neve. Il clima e con esso l'estensione dei ghiacciai cambia in continuazione. I ghiacciai ci dicono ad esempio che attorno all'800 dopo Cristo «i valichi alpini anche a quote superiori ai 3000 metri sopra il livello del mare si liberano della neve per la maggior parte dell'anno e consentono un intenso via vai di carovane mercantili tra il Mediterraneo e il centro Europa... quasi improvvisamente a metà del XVI secolo ritorna il freddo e questa volto molto rigido. I ghiacciai si espandono rapidamente coprendo valichi, boschi e persino villaggi permanenti. È quella che viene chiamata piccola età glaciale».
La docente di Geografia, con educazione, conclude: «La datazione dei periodi caldi elencati è, per tutti, anteriore di secoli e di millenni alla rivoluzione industriale e quindi le cause dell'optimum climatici precedenti al XIX secolo non è attribuibile se non a cause naturali.
L'attuale riscaldamento globale non è quindi una novità della storia geologica». La novità è la presunzione degli uomini che vogliono attribuire a sé stessi questo fenomeno, sempre presente nella lunga storia del nostro pianeta.
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