«Scala, in 130 per fare un lavoro da 4». Un titolo pesante. E passi ancor più hard dal verbale di un cda dellincandescente febbraio vissuto dal tempio della lirica. Con lallora sovrintendente Mauro Meli che parla senza mezzi termini di «un teatro gravemente malato», «ostaggio di venti sindacalisti».
«Bene lo scoop del Giornale - scuote la testa Gabriele Albertini -. Il problema è che il presidente della Fondazione sono io. Evidentemente i giornalisti hanno fonti migliori delle mie». E aggiunge: «Ho chiesto a lungo i dati sulle presenze e le retribuzioni dei dipendenti della Scala. Ma ho capito che sono una corporazione, mi hanno detto che per registrare tutti ci vorrebbe un sistema informatico». Chiaro che allamministratore di condominio non possono andare giù alcuni, chiamiamoli così, aneddoti. «È davvero singolare - aggiunge - che, grazie a un accordo sindacale, i proiettori rivolti verso il palco siano competenza degli elettricisti, per quelli verso il pubblico ci voglia altra manodopera». Situazioni singolari che, inevitabilmente, fanno lievitare i costi e aprire voragini nel bilancio. «Certo - ammette Albertini - alla fine il prodotto è una musica celestiale, ma lo stipendio dei professori dorchestra non è niente male, 75mila euro. E poi cè la Filarmonica, dove si è pagati ogni volta che si suona». Difficile da mandar giù anche il rospo delle dimissioni dal cda di Marco Tronchetti Provera. «Mancava un mese alla scadenza, si poteva anche aspettare». Durissimo con Albertini è Filippo Penati. «Credo che non sia più il tempo di lasciare ai ragionieri la politica culturale di questa grande città» la stilettata del presidente ds della Provincia. «Albertini è lespressione di quella Milano che contabilizza anche la cultura e non ha un grande sogno. La Provincia è ovviamente interessata a unesperienza come quella degli Arcimboldi. Questo sistema Scala che oggi sembra abbandonato va rilanciato con impegno. Cè il fallimento di un modello di gestione che ha dato risultati pessimi e che mette a repentaglio la stessa Scala. Per fortuna la scelta del sovrintendente Lissner lha rilanciata e lha messa al riparo dalla bufera dell'Arcimboldi, ma credo che sia comunque il segno di una miopia delle scelte culturali». In particolare, conclude Penati, «mi sembra che si sia preso il problema dalla coda, cioè dal come far quadrare i conti». Immediata la replica. «Penati - la difesa del consigliere azzurro Manfredi Palmeri - non attacca Albertini, ma Veltroni. La legge lha fatta il centrosinistra».
Una replica allintervista di Meli al Giornale arriva dal sovrintendente Stephane Lissner. «Sono sempre qua», dice riferendosi ai suoi diversi incarichi.
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