ì«Essere capaci di leggere il linguaggio numerico dell'universo è vitale per gli animali non umani, poiché la vita, la morte e la riproduzione dipendono tutte da questa abilità. Ed è importante per noi capire che le nostre stesse straordinarie abilità numeriche sono fondate su un semplice meccanismo che condividiamo con molte altre, se non tutte le altre, creature». Come scrive il neuropsicologo Brian Butterworth, ormai abbiamo capito quanto saper contare sia importante per tutti gli animali e quanto altri animali sappiano contare, ma a essere fonte di grande fascino è la ricerca di dove, nel cervello, esattamente si facciano questi conti. La questione è un po' più complicata di quanto possa inizialmente sembrare e il quesito sperimentale non è da meno: quali circuiti neuronali sono coinvolti nel conteggio di tutto quello che serve per sopravvivere, dal cibo, ai predatori fino agli amanti?
Riuscire a rispondere a questa domanda dipende dalla capacità di trovare il giusto animale da studiare, di cui si possa comprendere il comportamento, ma anche la genetica e il cervello, e che sia facile da far crescere e addestrare in laboratorio. Quest'ultimo punto è meno banale di quanto si possa credere: non tutti gli animali sono adatti a essere studiati in laboratorio e non tutti gli animali sono dei buoni modelli di studio.
La prima volta in cui vidi i pesci zebra al Centro Interdipartimentale Mente e Cervello dell'Università di Trento pensai fossero piccolissimi, poi portarono nello stabulario a vedere i piccoli di pesci zebra che, se possibile, erano ancora più piccoli e trasparenti (ma avevano acquari più carini con biglie colorate). Negli ultimi anni i pesci zebra sono diventati sempre più importanti come animali modello negli studi relativi alla discriminazione numerica a diversi livelli, partendo dal comportamento fino alla genetica, grazie alle loro somiglianze fisiologiche con i mammiferi, alla loro rapida riproduzione, all'efficienza di costi e occupazione di spazio e, ovviamente, grazie al loro elaborato repertorio di comportamenti e abilità cognitive complesse.
Per questo, ricercatori all'Università di Trento hanno allenato dei pesci zebra adulti a familiarizzare con degli stimoli artificiali posizionati su supporti di plastica all'interno dei loro acquari: tre oppure nove pallini rossi che potevano cambiare per posizione, densità o dimensione, mantenendo la stessa area superficiale. Negli esperimenti successivi, a gruppi di pesci separati sono stati presentati diversi cambiamenti negli stimoli: ad alcuni è stato presentato un cambio di numerosità con la medesima area superficiale (da nove a tre pallini o viceversa), per altri c'è stato un cambio di dimensione dei pallini con la stessa numerosità, per altri ancora un cambio di forma da pallini a quadratini e infine per il gruppo di controllo non c'è stato nessun cambiamento. I pesci sono stati filmati nei momenti immediatamente successivi al cambiamento di stimolo per studiare eventuali variazioni nel comportamento e poi sono stati sacrificati per capire quali regioni del cervello fossero state attivate in ogni condizione.
Per i cambi di numerosità, i pesci si sono avvicinati allo stimolo in caso di aumento (da tre a nove), ma si sono allontanati in caso di diminuzione (da nove a tre) e le zone del cervello attivate erano quelle del talamo e il pallio dorso-centrale, in linea con quanto già osservato in esperimenti di valutazione numerica da parte di bambini, primati non umani, corvi e pulcini.
Per i cambi di dimensioni dello stimolo, il comportamento dei pesci era più confuso e le regioni cerebrali attivate erano quelle del tetto ottico, i cui circuiti neuronali sono tipicamente coinvolti nella selezione della dimensione degli stimoli durante la caccia. «Nelle larve, proprio perché trasparenti, sono in corso studi di imaging laser al microscopio per scansionare il cervello dal vivo e ricostruire in tre dimensioni l'attività neuronale in presenza degli stessi stimoli utilizzati negli esperimenti con esemplari adulti», mi ha spiegato Andrea Messina, ricercatore presso il laboratorio di cognizione animale dove si possono ammirare gli acquari matematici.
Se si prende in considerazione l'ipotesi dell'esistenza di un sistema numerico non-verbale condiviso tra i vertebrati con possibili basi genetiche comuni e circuiti neuronali conservati durante l'evoluzione, questi risultati aprono la strada al possibile utilizzo dei pesci zebra come modello per studiare la genetica e la neurobiologia dei meccanismi responsabili della discalculia umana, un disturbo congenito dell'apprendimento a seguito del quale non si riescono a svolgere semplici operazioni matematiche, con un significativo impatto negativo sulla vita quotidiana e lo sviluppo dei bambini. «Si stanno anche studiando possibili mutazioni genetiche nei pesci zebra per valutare eventuali variazioni nell'abilità di discriminazione di stimoli naturali e numerici, spontaneamente o dopo allenamento», ha continuato Andrea mentre cercavo di convincere la sua gatta Zoe, poco interessata ai pesci zebra transgenici, a starmi in braccio.
Credo di avervi convinto, ma se ve lo state ancora chiedendo, la risposta è sì, vale la pena fare queste ricerche anche se implicano il sacrificio della vita di alcuni animali sull'altare della scienza.
Non tutte le linea di ricerca portano a grandi successi, non tutte hanno immediati impatti pratici nelle nostre vite, alcune sono del tutto incomprensibili, ma tutte indubbiamente ci rendono meno ignoranti in generale e, in questo caso specifico, sul cervello (nostro e degli altri animali) in particolare.Come vi potrebbe dire (un po' parafrasato) Humphrey Bogart prendendo in prestito uno dei suoi migliori sguardi da Casablanca: «Questa è la ricerca, bellezza». Io non sono Ingrid Bergman, ma pazienza.
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