La casta dell’Idv? Roba da far impallidire il manuale Cencelli: quattordici posti d’oro nelle commissioni parlamentari. La poltrona da lasciare? È sempre quella degli altri. Una regola aurea della politica di casa nostra che la premiata ditta Tonino Di Pietro&Co ha imparato piuttosto in fretta. E, infatti, non passa giorno senza che dal quartier generale dell’Italia dei livori non si levi alto qualche invito a dimettersi. I destinatari sono un po’ tutti. Dal primo ministro Silvio Berlusconi, anzi dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in giù. Basta aspettare e arriva il momento per tutti: del presidente della Rai, dei colleghi deputati, dei membri dei cda. Per non parlare di ministri, presidenti di regione, sindaci, assessori. Che siano di destra o di sinistra ha poca importanza. L’invito per tutti è dimettersi, lasciare il posto. Per incapacità (nel caso si faccia riferimento in qualche modo al centrodestra) o per protesta, casomai ci si schieri col centrosinistra. E loro? Ben incollati alle poltrone: né incapaci, né tantomeno spinti da un sussulto di orgoglio al gesto estremo. Che, nel loro caso, sarebbe abbandonare lo strapuntino. Con annesso stipendio e ovviamente tutti i benefit che ne conseguono: ufficio con vista nobile, auto blu con autista, collaboratori. Magari anche qualche consulenza da affidare (vedi il caso del Di Pietro junior) ad amici o amici degli amici. Un teatrino, quello dell’invito alle dimissioni altrui comodamente seduti sulle proprie poltrone, andato in onda anche in questi giorni. Magari cogliendo a pretesto le nomine Rai. E suscitando l’ira di Riccardo Villari, l’ex presidente della commissione di Vigilanza Rai epurato per essersi frapposto alla nomina del dipietrista Leoluca Orlando (sempre faccenda di poltrone era) e dunque punto sul vivo. «Ci risiamo - tuona Villari -. Pur di dar voce a una finta opposizione che strepita, ma non incide, l’Italia dei valori torna a predicare agli altri ciò che lei per prima non fa». Pronta a dare buoni consigli insieme al solito cattivo esempio. «Sulla Rai - attacca il senatore oggi passato dal Partito democratico al gruppo misto - ormai il refrain è fisso: dimissioni. Di chi? Ovviamente di tutti gli altri, tranne i componenti dell’Italia dei Valori che di incarichi e poltrone in Parlamento hanno fatto il pieno. [TESTO]Se, come gridano ogni giorno gli uomini di Di Pietro, siamo oltre il regime, perché limitarsi a chiedere le dimissioni dei consiglieri di opposizione della Rai? Perché allora non si dimettono dai loro incarichi parlamentari?[/TESTO]». L’elenco, effettivamente, assomiglia molto a quello del telefono. Con ben quattordici deputati e senatori targati Idv che «mantengono ben salda la loro poltrona, anche all’ombra della maggioranza di destra». A far di conto si scopre che in percentuale ben un uomo di Tonino su tre oltre al già abbondante stipendio da deputato o senatore, incassa anche quello di presidente, vicepresidente o segretario di una commissione di Camera o Senato. Il che significa almeno 700 euro al mese per i vice e almeno 1.500 per i presidenti. Da aggiungere ai 200mila euro netti all’anno più assistenza sanitaria integrativa, assegno di fine mandato e vitalizio che toccano al nostro esercito di quasi mille parlamentari. Ma soprattutto significa quello che nell’ambiente chiamano «status». Uffici di prestigio, collaboratori, auto blu dell’autoparco a disposizione. L’elenco dunque dei «poltronisti» Idv. Alla Camera Pino Pisicchio, Aniello Formisano, Aurelio Misiti, Antonio Razzi, Silvana Mura, Leoluca Orlando, Federico Palomba. Al Senato, invece, gli «incollati» sono Giuliana Carlino, Giuseppe Astore, Patrizia Bugnano, Gianpiero De Toni, Luigi Li Gotti, Stefano Pedica, Giacinto Russo.
La replica? «Tutti incarichi - assicura Pedica - che io e i miei colleghi dell’Idv abbiamo l’onore di ricoprire in importanti commissioni e che testimoniano il nostro impegno in Parlamento». Lasciarli? Nemmeno a parlarne. Che ne direbbe Cencelli?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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